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Azienda Agricoltura

Grand Tour d'Italia tra cibi e turismo per attrarre il Dragone

Nel 2020 cade l'anno del turismo Italia-Cina. Il connubio tra agrifood e turismo è una delle chiavi di volta per la crescita italiana. Fronte che assieme rappresenta tra il 20% e il 30% del pil del Paese, ha sottolineato il ministro del'Agricoltura, Gian Marco Centinaio. Ma la penisola deve recuperare il divario con altri Paesi


15/04/2019 09:51

di Luigi Chiarello - Class Editori

Il gran tour del Cin
Gian Marco Centinaio

Usare aree rurali e patrimonio enogastronomico italiano per attrarre turisti sui territori. In una sorta di rinnovato Grand tour d'Italia, che proponga ai tour operator opportunità alternative, rispetto ai percorsi nelle già sature città d'arte, così da incrementare i flussi turistici nel Belpaese. Questa la visione di fondo del ministro delle politiche agricole e del turismo, Gian Marco Centinaio. Una strategia che parte da una constatazione: «Il connubio tra agrifood e turismo è una delle chiavi di volta per la crescita italiana. Fronte che assieme rappresenta tra il 20% e il 30% del pil del Paese», ha dettoCentinaio in occasione della prima edizione del Milano Agrifood&Travel Global Summit (Mat). E ancora: «All'ultimo G20 dell'agricoltura dello scorso anno i ministri più importanti del mondo hanno indicato il turismo per sviluppare le aree rurali». Questa direzione di marcia, cuore dell'iniziativa organizzata da Class Editori e Gambero Rosso, è anche un'esigenza primaria del mercato. Specie di quello cinese. A spiegarlo è lo stesso ministro: «Occorre partire da un presupposto: i cinesi hanno necessità di conoscere un'Italia diversa da quella ormai inflazionata. Vogliono soluzioni alternative e vivere sensazioni uniche. Venezia, Pompei e Roma, ormai, sono molto conosciute dal turismo alto-spendente. Per questo pensiamo all'enogastronomia come nuovo attrattore del Paese». 

A riguardo, un ruolo fondamentale gioca l'enoturismo; attività economica a cui il governo gialloverde ha inteso dare dignità specifica, con l'inserimento nella legge di bilancio per il 2019 di una definizione ad hoc. E attraverso il varo di un decreto attuativo contenente le linee guida per le strutture ricettive e l'esercizio dell'attività enoturistica. Proprio in relazione al mercato cinese, Centinaio ha avvertito: «La quota di mercato dei vini italiani in Cina ammonta oggi solo al 7% ed è parecchio lontana dalla Francia, che occupa il 50% del mercato. Ma, nel 2020 cade l'anno del turismo Italia-Cina; bisogna lavorare, e tanto, per ridurre il divario». Quindi, ha allargato il raggio: «Tanti italiani fanno enoturismo in Francia, California, Australia, Nuova Zelanda o Africa. In Italia, invece, ci limitiamo a qualche gita fuori porta. Per questo, è importante la nuova disciplina degli enoturismo: dobbiamo strutturare il fenomeno e cambiare ottica; dietro a un bicchiere di vino italiano ci sono una famiglia, una cantina, una vigna, un territorio, un'enogastronomia locale, paesaggi, storia, cultura, castelli. Sogni da raccontare, insomma. Attorno al bicchiere di vino si possono costruire pacchetti turistici, emozioni, suggestioni. Basta solo saperle raccontare», ha chiosato il ministro.

 La sua visione ha trovato importanti parallelismi con quella del presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana, anch'egli intervenuto ieri al Mat. Il governatore ha esortato a pensare «una via olimpica tra luoghi, cibi e vini» in vista della candidatura dei territori lombardi alle Olimpiadi invernali del 2026. «Settimana scorsa sono venuti a Milano e in Valtellina alcuni rappresentanti del Cio per valutare la candidatura», ha svelato Fontana; qualora fosse premiata la Lombardia: «Credo che sarebbe bello creare una “via olimpica” in grado di collegare vari siti. E ai luoghi legare anche cibi e vini. Si potrebbero fare cose bellissime». Infine, ha aggiunto: «Nelle ore scorse ho firmato un accordo per disinquinare il lago di Varese. Vogliamo renderlo più attrattivo e rilanciare la cultura dei laghi che ispirò Stendhal. La Lombardia ha grandi possibilità di sviluppo, per cibi e siti unici, non ancora abbastanza sfruttati».


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