Dal Delta del Po il riso italiano punta verso la Cina. «Il traguardo è il raddoppio della produzione entro il 2024», dice Zanella. «Perciò vogliamo investire in campagne promozionali all'estero. Già esportiamo in tutta Europa e negli Stati Uniti, ma vogliamo aumentare sia le quantità che il numero dei Paesi. Tra l'altro sto cercando di riunire i Consorzi di prodotti tipici, dal parmigiano al prosciutto: perché non presentarci insieme, riunendo le forze, sui mercati esteri?», spiega Adriano Zanella presidente del Consorzio di tutela del riso del Delta del Po a Italia Oggi. Il Consorzio raccoglie 37 coltivatori associati, una produzione (su 165 mila ettari di terreni) di 78.600 quintali (erano 25 mila nel 2014, la crescita ha superato quindi il 200%), un fatturato di quasi 5 milioni di euro (all'origine).
L'Italia è il maggiore produttore europeo di riso con oltre il 50% del mercato. Seguono Francia e Spagna. Le prospettive per il mercato sono comunque rosee «Se lo sappiamo vendere, possiamo non avere concorrenti», aggiunge Zanella «Il nostro terreno, ricco di ferro, cromo, potassio è la base per un prodotto di qualità. Il Delta del Po è un luogo in cui le acque dolci del fiume si mescolano in una strana alchimia alle acque salate del mare e alle terre frutto delle bonifiche. La prime testimonianze di risaie risalgono alla fine del '400. Ne produciamo di quattro tipi: Carnaroli, Arborio, Volano, Baldo. Il 10% è integrale, tra poco proporremo quello biologico».
La Cina è uno degli obiettivi. Nella Repubblica popolare si consuma dieci volte tanto il consumo italiano, che è pari a 6 chili di riso pro-capite l’anno. L'Europa, lamenta però Zanella, accetta senza troppe remore l'arrivo del riso cinese. Di contro motivando gli ostacoli con pericoli come il presunto coleottero parassita, il percorso contrario è bloccato.
Su questo fronte lavora il ministero dell’Agricoltura. Il tema è stato affrontato anche in occasione della visita a Pechino in gennaio del ministro Gian Marco Centinaio.
Alla vigilia della missione cinese il ministro aveva voluto sottolineare la necessità di rilanciare la filiera del riso rivendicando la cosiddetta "clausola di salvaguardia" attivata dalla Commissione europea lo scorso 15 gennaio e che prevede l’imposizione di un dazio da 175 euro a tonnellata per le importazioni dalla Cambogia e dal Myanmar.
«La clausola di salvaguardia è un obiettivo a cui su cui abbiamo lavorato per anni, partito dal precedente Governo e quindi diamo merito a chi ci ha preceduto. È un risultato di tutto il mondo risicolo italiano. Ma adesso arriva la fase più difficile: rilanciare il settore. Ed è su questo che voglio lavorare», ha aggiunto il ministro. Un punto di partenza è il protocollo sull'esportazione di riso che Roma sta trattando con Pechino.
In attesa di entrare in Cina una nube è all'orizzonte sul mercato interno: l'aumento dell'Iva. «Riguarderebbe anche i beni di prima necessità come carne, pesce, yogurt, uova, riso, miele e zucchero con aliquota al 10% e il vino e la birra al 22%, che rappresentano componenti importanti nei consumi delle famiglie e penalizzerebbe l'intero sistema agroindustriale,» ha concluso Zanella.