La domanda globale di vino dell’Asia Orientale vale 6,45 miliardi di import ed è prossima all’aggancio del Nord America (Canada e Usa) che sono a 6,95 miliardi. Nella corsa al vino, l’Asia Orientale sta facendo gara da sola con un balzo a valore negli ultimi 10 anni del 227% (12,6% la crescita annua): ovvero 11 volte in più rispetto ai mercati Ue e quasi il quadruplo sull’area nordamericana.
I dati sono emersi ieri a Roma nel corso della presentazione del 53° Vinitaly dallo studio «Asia: la lunga marcia del vino italiano», a cura dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor. E l’Italia? Dallo studio emerge come a fronte di una tenuta del sistema vino made in Italy a livello mondiale (+3,3% rispetto al 2017), la presenza in Asia Orientale sia ancora marginale rispetto alle potenzialità italiane. Anche per questo il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese, ha confermato che la società sta già ponendo le basi per una presenza costante in Cina di Vinitaly.
Per il ceo di VeronaFiere, Giovanni Mantovani "c'è più di un motivo per credere in un positivo cambio di rotta in questa nostra lunga marcia verso l'Asia. Il clima sta cambiando, sia da parte dell'offerta italiana che dalla domanda asiatica. Al recente Vinitaly Chengdu, per esempio, abbiamo riscontrato un interesse senza precedenti con il raddoppio degli espositori e un incremento convincente dei buyer".
Stando ai dati diffusi nel corso dell'appuntamento, l'import di vini italiani registrerà nei prossimi cinque anni, un tasso superiore ai consumi dell'area: fino all'8% in Cina, dall'1% al 2,5% in Giappone dal 5,5% al 7,5% in Corea del Sud e dal 3% al 4,5% a Hong Kong. "Un cambio di rotta importante, scrive Vinitaly, considerando che finora in Cina in 5 anni l'incremento italiano ha sfiorato l'80%, mentre le importazioni dal mondo hanno segnato un +106%". Un discorso analaogo vale per gli altri Paesi: a Hong Kong (+28% vs +67%) e in Corea del Sud (+36% vs +60%).