Si è chiuso un altro anno nero per l’immobiliare cinese, nonostante tutti gli sforzi di Pechino per rilanciarla il settore e l’economia. A dirlo sono gli ultimi dati di dicembre che parlano di vendite di terreni in calo del 16% su base annua (1,4 miliardi di metri quadrati in volume), mentre quelle per l’intero 2024 sono diminuite del 20%, con alcune delle principali città che hanno registrato ribassi anche del 30-40%.
«Finora la pressione esercitata sulle banche per sostenere il settore immobiliare non ha prodotto risultati visibili», commentano gli analisti di AlphaValue, facendo un confronto con «il tasso di esecuzione delle vendite di terreni pre-2021» il quale era «stato superiore a circa 2 miliardi di metri quadrati al mese». Sebbene non siano disponibili statistiche precise, gli esperti calcolano approssimativamente che il mercato delle nuove abitazioni si è grosso modo dimezzato negli ultimi tre anni, mentre i prezzi sono scesi di circa il 20%. «Ci vorrà ben altro che il credito a buon mercato per sistemare il settore immobiliare», spiegano ancora da AlphaValue, «anche l’urbanizzazione è molto rallentata e ci vorrebbe un’importante mossa politica, ad esempio una revisione del sistema Hukou di registrazione del nucleo familiare, per favorire nuove ondate di migranti interni».
La buona notizia è che il settore immobiliare e delle costruzioni potrebbe ora rappresentare poco più del 12% del prodotto interno lordo cinese: si tratta di una correzione rispetto al 16% di tre anni fa. La notizia triste è che, in assenza di una chiara ripresa, l’economia cinese è destinata a rimanere fragile e a danneggiare indirettamente un gran numero di società anche occidentali.
Secondo gli analisti, ad esempio, i due leader mondiali nella produzione di ascensori, Kone e Schindler, sono ovviamente esposti alla contrazione dell’edilizia residenziale cinese, ma possono nutrire la speranza che il mercato della manutenzione non finisca interamente nelle mani degli operatori nazionali. Le aziende chimiche europee, a partire da Basf e AkzoNobel, sono direttamente esposte al settore delle costruzioni e potrebbero non vedere segnali positivi ancora per qualche tempo. Meno chiaro è se la domanda cinese rivolta ai principali fornitori di beni strumentali (Siemens, Schneider, Abb) possa avere un impatto. «La risposta è probabilmente affermativa», secondo AlphaValue, ma «la speranza è che ciò che non verrà venduto al settore residenziale venga invece venduto ai data center e all’industria».
Dal punto di vista della spesa e del risparmio è probabile, secondo gli esperti, che la classe media più abbiente, con il loro patrimonio immobiliare in calo di almeno il 20%, non si concedano ulteriori acquisti discrezionali. E c’è poca speranza che i non abbienti raccolgano il testimone della spesa. «In linea di massima non ci si dovrebbe aspettare molto dalla domanda di lusso e di alcolici di fascia alta, ovvero le uniche cose che le aziende europee di consumo possono sperare di esportare in Cina. Per quanto riguarda le auto di lusso, anche il crollo delle vendite di Porsche nel 2024 testimonia la mancanza di domanda». (riproduzione riservata)