L’ingresso di investimenti cinesi nel nostro Paese è stato spesso salutato da frequenti ondate di preoccupazione. Eppure non sono pochi i casi in cui le acquisizioni di realtà italiane da parte di società cinesi hanno dato vita a interessanti casi di scuola, che andrebbero invece studiati con attenzione. Uno dei quali è proprio quello del Gruppo Nms di Nerviano, poco più di 20 km da Milano, acquisito al 90% nel marzo 2018 dai cinesi di Hefei Sari V-Capital Management, mentre il 10% è rimasto alla Fondazione Regionale per la Ricerca Biomedica – Ente della Regione Lombardia. È così che nel Gruppo Nms, oltre 400 dipendenti, oggi la più grande realtà italiana impegnata in innovazione, ricerca e sviluppo in oncologia, si è cominciato a parlare inglese con accento mandarino.
«Il processo di ricerca di un partner voluto da Fondazione ha cominciato da subito a non parlare italiano», racconta il presidente di Nms, Andrea Agazzi, perché sin dal principio nessun grande gruppo italiano si è fatto avanti per manifestare il proprio interesse a una realtà che tutto il mondo riconosceva come scientificamente eccellente. Nessuno tra i nostri operatori sembrava avere la volontà o la capacità di affrontare un settore con alti rendimenti, ma che comporta grandi rischi e richiede grandi capitali. Sono state invece numerose le attenzioni e le analisi da parte di players internazionali sia occidentali sia orientali, a segno del fatto che oggi l’oncologia è davvero un settore globalizzato».
Da quello che sembrava un momento di impasse è nato l’incontro tra due culture diverse e complesse, come sono quelle italiana e cinese. «Da questa operazione sono nate opportunità interessanti per entrambi», conferma Agazzi. «Per noi, azienda italiana, quella di entrare nel mercato cinese dalla porta principale, avendo così maggiori possibilità di attrarre ricercatori, partnership importanti e di lavorare su nuovi farmaci da commercializzare in Cina. Per i nostri azionisti cinesi, allo stesso tempo, l’opportunità di affacciarsi in Occidente, azione che è diventata sempre più difficile negli ultimi anni, a seguito delle restrizioni fissate da Pechino e anche della guerra dei dazi. Tanto più in un settore importante, come quello della ricerca farmaceutica». E oltre che per l’azienda, sono arrivati nuovi stimoli anche per i dipendenti.
«La convivenza è la parte più bella ma anche più difficile del lavoro», spiega il presidente di Nms, «da un lato ci sono sempre spunti nuovi e interessanti, dall’altro si deve riuscire a collaborare avendo modi di lavorare e relazionarsi molto diversi l’uno dall’altro». La nuova proprietà ha confermato la linea aziendale e introdotto una linea manageriale cinese in alcuni settori, come quelli dell’oncologia e della sperimentazione clinica, dove era necessario creare valore velocemente. Per il resto (dal presidente al direttore finanziario, dalla ricerca preclinica alla linea produttiva) alla scrivania sono rimasti tutti italiani.
Che sono diventati oggi più veloci e flessibili. «Questo è un periodo d’oro per la ricerca farmacologica italiana, produciamo risorse eccezionali eppure i grandi player parlano tutti altre lingue». Ed è per questo che bisogna far tesoro di quanto il momento contingente mette a disposizione e farlo fruttare. «Oggi siamo più grandi di quello che eravamo prima, con una capacità di sviluppo dei farmaci che ci mette allo stesso livello di altri grandi competitor», sottolinea Agazzi, «manteniamo la qualità italiana ma con un’accelerazione e una potenza di fuoco come solo i cinesi possono averla».
Una grande occasione per portare più Italia in Cina, non solo a livello di mercato ma anche, ad esempio, di ricerca grazie al MoU firmato con la facoltà di Farmacia di Nanchino per lo scambio di ricercatori tra i nostri due Paesi. E nel futuro di Nms c’è anche la quotazione in una Borsa importante, come New York o Hong Kong. Perché il mercato non vive solo di numeri, commenta Agazzi, «ma anche di storie di successo». (riproduzione riservata)