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La Cina vuole il gioiello italiano, a Suzhou si afferma Cammilli

A VicenzaOro in corso fino all'11 settembre, i piccoli produttori e creativi che valgono l’80% del mercato si confrontano su come crescere nel più grande mercato al mondo, insieme all'India, della gioielleria. E-commerce e approccio multicanale sono ormai indispensabili, ma è l'attenzione al design e la creatività che fanno la differenza come indica il caso dell'azienda di Bagno a Ripoli


09/09/2019 13:44

di Francesca Sottilaro - Class Editori

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Annamaria Cammilli con i figli Renato e Raffaella, entrambi in azienda

 

Nell’ex Celeste impero, insieme all'India il primo mercato al mondo per la gioielleria,  dove dominano catene del gioiello come il colosso Chow Tai Fook e le vetrine gialle per l’oro 25 carati in vendita , si stanno aprendo nuove opportunità per i brand e i produttori italiani.

«C’è un cambio di passo di tipo politico, visti i dazi dimezzati al settore e parallelamente un’apertura culturale verso il gioiello italiano», ha spiegato Marco Carniello, direttore divisione Jewellery and fashion di Ieg, il polo fieristico quotato a Piazza Affari che include le strutture di Vicenza e Rimini, dove è in corso da sabato, fino all'11 settembre, VicenzaOro, la principale manifestazione italiana del settore.  

«Accade che i clienti cinesi che hanno sempre comprato e regalato solo oro come forma di investimento adesso guardino anche ai preziosi con approccio simile a quello italiano», ha aggiunto il manager. «Diamanti, rubini e zaffiri sono passati da essere considerati non appropriati a oggetto del desiderio insieme a pietre tradizionalmente appartenenti alla cultura europea».

 La gioielleria mondiale in cerca di nuovi format e mercati si ritrova a VicenzaOro in uno scenario di mercato che offre da un lato global brand come Bulgari, Tiffany o Pomellato e dall’altro insegne mass market dagli Usa alla Cina, e in questo contesto la via italiana della gioielleria, punto di incontro riconosciuto tra trade e creatività, si interroga come crescere sui due grandi mercati mondiali. 

«La Cina, con Hong Kong come porta di accesso, è il mercato che ha saltato l’approccio al retail puro grazie all’online. Per questo lavoriamo con Ice per garantire nuovi spazi su siti come TMall o su piattaforme verticali di settore come Vetiver», racconta Carniello.

«Saltato il modello di partnership tradizionale, visto che i distributori di gioielli su strada sono spesso produttori restano i multimarca che si avvicinano alla cultura occidentale, come One Jewellery. Un approccio multicanale è necessario». Non fosse altro per la portata dell’alto di gamma online, come dimostra l’acquisizione, annunciata la settimana scorsa, della piattaforma di beni di pregio Kaola, da parte di Alibaba per 2 miliardi di dollari (circa 1,8 miliardi di euro).

Gli esempi eccellenti di italiani che hanno tracciato una loro Via della Seta comprendono la fiorentina Annamaria Camilli, arrivata a Suzhou, la Venezia della Cina, due anni fa. Secondo il direttore della divisione Jewellery di Ieg «quella del retail è la sfida maggiore assieme allo storytelling dei marchi e alla creatività».

Fondata nel 1983 a Bagno a Ripoli (Firenze) dalla designer Annamaria Cammilli e diretta da suo figlio, Renato Renai, è oggi punto di riferimento internazionale nel panorama del design della gioielleria con un prodotto in oro e pietre rigorosamente lavorato in Italia che si distingue per caratteristiche di eccellenza di qualità e di stile.

Ceo dell’azienda dal 2002, Renai ha portato avanti una politica di qualità e di internalizzazione per promuovere il brand nel mondo con la filosofia “un gioiello Cammilli deve essere sempre riconoscibile senza leggere l’etichetta” Renai ha avviato un percorso di innovazione che porterà Cammilli ad essere riconosciuto come un vero e proprio stile di gioielleria.

La finitura delle superfici dell’oro Shine and Matt e la specializzazione nel proporre originali colorazioni con leghe speciali hanno reso il marchio uno dei leader del Made in Italy nei gioielli.

Il fenomeno Cammilli indica che  design, in particolare, è la ciambella di salvataggio di molte gioiellerie. «Diverse insegne sono tornate a produrre creazioni proprie in laboratorio visto che i marchi preferiscono vendere nei monomarca», ha spiegato Carniello, «Intanto il gioiello guadagna nuove vetrine: vedere Lady Gaga agli Oscar con un diamante Tiffany al collo è un ottimo driver, al pari delle griffe che hanno proprie linee di alta gioielleria».

A VicenzaOro settembre si celebra anche il sodalizio con la Confederazione mondiale della gioielleria (Cibjo) come la tendenza Spreading Sustainability: le soluzioni tecnologiche per la tracciabilità e la sostenibilità dei gioielli saranno al centro del dibattito, con un focus sui macchinari protagonisti anche a T.Evolution, che ospita le società di progettazione, produzione e vendita di piccoli macchinari e strumenti per il settore orafo. (Riproduzione riservata)


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