In un crescendo rossiniano, il presidente Usa, Donald Trump, ha dichiarato che i dazi da lui proposti contro Messico e Canada entreranno in vigore il 4 marzo e dallo stesso giorno un ulteriore dazio del 10% verrà imposto sui prodotti cinesi, dopo le tariffe aggiuntive del 10% sull'import degli stessi beni entrate già in vigore all'inizio di questo mese.
Il motivo principale di questi provvedimenti, in particolare di quelli sui prodotti cinesi, è che la Repubblica popolare sarebbe il paese d'origine e il principale fornitore delle droghe, fra cui il Fentanyl, che poi attraverso Messico e Canada arrivano negli Stati Uniti, contribuendo così a uccidere un gran numero di consumatori.
A queste ultime dichiarazione del presidente americano, esternate attraverso la piattaforma X di proprietà di Elon Musk, non si registrano per ora prese di posizione delle autorità cinesi, anche se è ben noto che a livello ufficioso Pechino sia molto preoccupata degli effetti che questi dazi potrebbero avere sulle sue esportazione verso gli Usa, che sono il principale partner commerciale della Repubblica popolare.
Oltre ai dazi contro Cina, Messico e Canada, Trump ha annunciato tariffe globali del 25% sulle importazioni di acciaio e alluminio, che entreranno in vigore il 12 marzo. Il 13 febbraio, inoltre, il presidente ha firmato un memorandum presidenziale sul suo piano per imporre dazi reciproci alle Nazioni che hanno già in vigore tariffe sulle importazioni statunitensi.
Il piano di Trump considera anche alcune altre politiche, come l'uso dell'Iva, come pratiche commerciali sleali che giustificano dazi in risposta. Infine, il presidente ieri ha minacciato di imporre dazi del 25% sulle importazioni dall'Ue, accusata di "essere stata creata per fregare gli Stati Uniti". «Abbiamo preso una decisione e la annunceremo molto presto", ha commentato Trump quando gli è stato chiesto un aggiornamento sui piani per le tariffe verso l'Ue, spiegando che "saranno del 25% in generale e riguarderanno le auto e tutte le altre cose».
Che la politica dei dazi e delle limitazioni possa diventare un'arma a doppio taglio, con effetti imprevisti anche sull'economia americana, lo segnala anche il presidente di Microsoft Brad Smith che ha invitato l'amministrazione Trump a riconsiderare le normative che porrebbero un limite all'esportazione di chip di intelligenza artificiale verso "mercati strategicamente vitali", come Israele e Svizzera.
Secondo Smith le restrizioni potrebbero spingere altri Paesi a rivolgersi alla Cina per chip avanzati. «Se non cambiata, la regola di Biden darà alla Cina un vantaggio strategico nel diffondere nel tempo la propria tecnologia di intelligenza artificiale, rievocando la sua rapida ascesa nelle telecomunicazioni 5G di dieci anni fa», ha scritto Smith in un post sul blog aziendale.
Introdotto dall'amministrazione Biden, il sistema in questione colloca diversi alleati degli Stati Uniti al secondo livello di una categoria a tre gradi che limita l'esportazione di chip utilizzati nei data center per addestrare modelli di intelligenza artificiale. (riproduzione riservata)