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Cina, la crisi peggiore passa ora nei trasporti e nella logistica

Mentre la manifattura ha ripreso al 46%, media tra le grandi imprese pubbliche e le pmi, la scarsità di personale e di servizi camionionistici di trasporto e le difficoltà nei porti stanno creando molti problemi alla supply chain. Stime governative prevedono un danno quest'anno per l'economia cinese pari a 14 triliardi di dollari


02/03/2020 12:34

di Marco Leporati*

camion

Per la Cina questo mese di marzo sarà il Caronte del Covid-19. Marzo è sempre stato un mese pazzo per definizione ma questa volta il compito di traghettatore è essenziale per comprendere l’ampiezza e la gravità di quanto stiamo vivendo.

Due sono gli scenari: il primo riguarda le concordi dichiarazioni dell’OMS e dell’Autorità sanitaria cinese che il picco è stato raggiunto alla fine di febbraio ma, è il secondo, vi potrebbero essere nuove insorgenze di contagiati con la maggior mobilità dei migranti e l’intensificazione della ripresa produttiva.

Uno studio elaborato dalla Peking University prevede tempi di riduzione delle possibilità di contagi differenti a seconda delle province che dovrebbero terminare a fine aprile con l’eccezione dell’Hubei entro giugno.

Questo lungo mese di marzo metterà alla prova se possiamo contare su di una ripresa, perchè di questo abbiamo bisogno, o dobbiamo considerarlo ancora come il Limbo dantesco “tra color che son sospesi”.

Un dato certo è il Purchasing manager’s indexes ovvero il sentiment degli imprenditori cinesi che è calato a febbraio al 35,7%, più basso di quello registrato nel novembre 2008 per la crisi finanziaria(38.8% ).

I risultati nei diversi comparti di perdite economiche e finanziarie mostrati negli ultimi giorni sono esplicativi di una situazione che, se trascinata per mesi, porterebbe l’economia mondiale ad una generale inversione di tendenza. In particolare stime governative prevedono un danno per la Cina di 14 trilioni di dollari.

In questo contesto dalle tinte fosche se il settore manifatturiero è ripartito per il 46 % considerando che le società pubbliche sono su livelli del 90% mentre per le piccole medie imprese solo un terzo ha ripreso l’attività, quello che più preoccupa è il settore dei trasporti che arrancano.

Le dichiarazioni di  Peter Send, Chief Analyst di Bimco, Baltic and International Maritime Council, associazione che raggruppa circa 1800 operatori navali, sono eloquenti nella denuncia di una difficoltà che durierà. «L’impatto dell’epidemia del COVID-19 in Cina è molto seria e potrebbe diventare drammatica.Questo è uno dei peggiori momenti del nostro settore», ha dichiarato l'analista.

Nel 2019, nei più importanti porti cinese venivano movimentati quotidianamente 715 mila containers. Oggi le attività portuali si sono ridotte drasticamente per tre ragioni: la reiterata scarsità di personale e di servizi camionionistici di trasporto, il black sailing delle compagnie marittime ovvero la cancellazione di partenze navi e gli obblighi di quarantena anche in porti diversi per le navi in arrivo.

Le imprese di trasporto che hanno beneficiato nel passato delle strepitose performance dovute al commercio online, a causa della mancanza del personale e delle difficoltà di consegne a destinazione per i controlli della temperatura e per il divieto di entrare in uffici e compounds, hanno previsto perdite nel corso dell’anno del 65%.

Vorrei chiudere invece con un altro tema affrontato da Albert Camus nella Peste, romanzo pluricitato: la separazione.

Si era parlato della sensazione dell’attesa all’inizio di questi articoli purtroppo monotematici e oggi, anche alla luce di alcune disposizioni amministrative relative all’ingresso in Cina di stranieri provenienti da Paesi considerati a rischio, quali l’Italia, è obbligatorio soggiornare  presso strutture alberghiere o altri centri per assolvere alla quarantena di quattordici giorni.

Se immaginiamo una persona che rientra in Cina perchè vive in questo Paese per lavoro e non gli è concesso di rientrare a casa propria per incontrare i propri familiari, questo è il concetto di separazione come per molte famiglie cinesi che, pur abitando in una medesima città , non possono incontrare i propri cari per motivi di sicurezza  sanitaria.

Sono per l’osservanza delle regole ma anche questo aspetto che si sta prolungando in questo mese potrebbe far nascere sindromi che ci fanno ricordare le situazioni dei migranti.

“Nella maggioranza dei casi, era evidente, la separazione doveva terminare solo con la fine dell’epidemia. E per tutti noi il sentimento pricipale della nostra vita, che pure credevamo di conoscere bene... assumeva un volto nuovo”. A. Camus, La peste.

* managing director a Shanghai di Savino Del Bene, azienda di trasporti internazionali e logistica. Vive e lavora in Cina da oltre 25 anni


 


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