A dieci giorni di distanza dai risultati delle elezioni, Singapore ha confermato il PAP (People’s Action Party) del premier in carica Lee Hsien Leong in maggioranza assoluta con il 61,44% dei voti e con 83 su 93 seggi a disposizione in parlamento. Ma per la prima volta in assoluto l’opposizione composta dal Workers’ Party conquista 10 seggi tanto da indurre il Primo Ministro a riconoscere che questo voto ”dimostra il chiaro desiderio di voci diverse”.
Invece l’altro partito dell'opposizione, il Progress Singapore Party, al quale aveva aderito il fratello del premier, non ha ottenuto voti sufficienti per conquistare almeno un seggio.
Il sentore di segnali di preoccupazione, di malcontento e persino di insoddisfazione provenienti dalla popolazione di Singapore sono venuti alla luce e, anche se non possono essere prodromici di significativi cambiamenti, invitano a qualche riflessione sulla situazione nella città Stato, assurta a simbolo di successo economico.
Per di più i dati del secondo trimestre sono risultati ancora una volta negativi e quindi, associati a quelli del primo, obbligano a dichiarare Singapore ufficialmente in recessione.
Dopo una contrazione del pil nel primo trimestre del 3,3%, il dato pubblicato la scorsa settimana ha evidenziato un’ulteriore riduzione del 41,2% nonostante vi sia stato, per quanto riguarda la produzione industriale, in particolare del biomedicale, un incremento del 2,5% rispetto al trimestre precedente.
La dimensione di questa caduta trova motivazione in due cause contingenti: in primo luogo la totale scomparsa della voce relativa alle costruzioni e alle infrastrutture direttamente correlata alla mancanza della manodopera, la seconda riguarda la scomparsa del turismo.
Due fenomeni hanno contribuito a ridurre del 90% il settore costruzioni: da un lato l’insorgere del Covid nei dormitori dei lavoratori migranti dal Bangladesh, dall’altro il blocco dei lavoratori provenienti dalla Malesia.
A questo proposito qualche giorno fa è stato sottoscritto un accordo tra i due Governi per garantire, in condizioni di reciprocità, la mobilità cross-border delle persone secondo due procedure distinte: Reciprocal green Lane (RGL) e Periodic Communiting Arrangement ( PCA ).
La prima concerne le persone che hanno necessità di muoversi per business o altri scopi ufficiali: l’accordo richiede per costoro di seguire le direttive Covid compreso il test sierologico e la presentazione alle autorità del loro itinerario di viaggio.
Per chi invece è residente sia a Singapore o in Malaysia è permessa l’entrata per lavoro a condizione che risiedano almeno per tre mesi nel luogo di lavoro prima di rientrare nel proprio Stato di residenza. Non sono quindi autorizzati a mobilità i lavoratori giornalieri.Questo accordo dovrebbe permettere a partire dal 10 di agosto, data di entrata in vigore, la riapertura delle frontiere e quindi la riattivazione di costruzioni e cantieristica.
Anche per il turismo e l’hospitality, i numeri indicano un 90% inferiore rispetto al fatturato delo scorso anno durante il quale la città Stato aveva beneficiato di 19 milioni di turisti contribuendo al 4% del pil.
Oggi le stime dell’anno in corso prevedono mancati ricavi per 20 miliardi di dollari con prospettive di ripresa solo nel 2022.
Questa drammatica situazione deriva dal fatto che altri Paesi dell’area possono contare, almeno parzialmente, su di un eventuale turismo domestico; a Singapore questo non può avvenire in quanto i singaporegni trascorrono il loro tempo libero con mete fuori confine anche se a corto raggio con prevalenza di escursioni su isole subtropicali di cui la maggior parte appartiene alla sovranità territoriale dell’Indonesia.
Gli analisti non escludono che, nonostante gli interventi governativi, si potrebbe venire a creare una disoccupazione di circa 150 mila unità nel corso di questo anno ed una conseguente previsione di pil negativo tra il 7% e il 4%.
La Cina, invece, ha incassato un risultato oltre le previsioni del 3,2% di GDP per il secondo trimestre che non ha comportato l’inversione di tendenza della recessione non auspicata ma tenuta in debita considerazione anche se iniziano ad emergere ex post alcune perplessità in relazione ai dati dei consumi e dell’occupazione.
La conclusione è che il peso di un Paese può diventare inversamente proporzionale all’influenza di un altro, considerando le criticità e le priorità dell’area. Il rischio di Singapore ed il suo Primo Ministro ne è perfettamente conscio, è di perdere quella sorta di autonomia che finora ha potuto conservare proprio in virtù dei risultati economici. Quest’anno ricorre anche il trentesimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra Cina e Singapore e questa è un’altra pedina da non trascurare nello scacchiere come avevano insegnato nel lontano 1965 i grandi Boris Spassky e Anatoly Karpov nella sfida del secolo.
Oltre il 70% della popolazione di Singapore è di origine cinese e storicamente vi è sempre stata una situazione sinallagmatica tra i due Paesi ovvero un nesso di reciprocità contrattuale. Storicamente Sun Yat-Sen, il primo grande statista cinese, ha speso, a partire dal 1905, molti periodi della sua vita a Singapore intervallati da frequenti viaggi in Europa, Usa e Giappone e da questa città ha iniziato il suo cammino verso la costituzione nel 1911 della prima Repubblica cinese come testimonia la casa museo ospitata nella città.
Questa reciprocità, oggi più di ieri, ha acquisito una valenza geopolitica di “occhio lungo” della Cina sul Mar Cinese Meridionale e di questo ne dovremo tener conto nel futuro prossimo. (riproduzione riservata)
*managing director a Shanghai di Savino Del Bene, azienda di trasporti internazionali e logistica. Vive e lavora in Cina da oltre 25 anni