Il riscaldamento globale ha lanciato i suoi strali anche sulla Cina. Siccità ed alte temperature limitano la produzione di energia elettrica in alcune province centro occidentali mentre nel nord continuano piogge persistenti e straripamenti di fiumi così come nelle provincia del Qinghai, a confine con la vasta area dell’altopiano del Tibet.
Da una decina di giorni le aziende, incluse quelle italiane, gravitanti sul parallelo che da occidente si spinge sino alla costa orientale, hanno segnalato sospensioni temporanee della fornitura dell’energia elettrica senza preventiva comunicazione: è accaduto alle aziende tricolori ubicate a Nanchino, nella provincia del Jiangsu, dello Zheijiang e soprattutto del Sichuan.
Era da sessant’anni che non si ricordava un periodo siccitoso quale quello attuale: fiumi ed i relativi bacini idroelettrici si sono svuotati, il Fiume azzurro ha ridotto la propria portata ed il livello di profondità dell’acqua è diminuito nelle stazioni di monitoraggio sino al 50% arrivando a Nanchino a soli due metri di profondità.
La navigazione fluviale è stata di conseguenza sospesa con difficoltà di raggiungimento dei porti marittimi ed aggravio dei costi nel trasporto delle merci.
Nel Sichuan, in un’area di 84 milioni di persone, sono state sospese le attività produttive di Toyota e Foxconn, quelle estrattive di litio e anche la produzione di pannelli solari, nonostante siano stati trasportati 50 generatori mobili per l’approvviggionamento energetico alternativo.
È di pochi mesi fa la carenza di energia elettrica per il venir meno di carbon fossile, in particolare quello importato dall’Australia per le allora controversie politiche tra i due Paesi. Il carbone australiano, seppure importato, aveva un costo finale inferiore di quello estratto in Cina e a seguito delle vicende politiche era stato dirottato su compratori indiani; successivamente, a seguito di una rinegoziazione dei prezzi tra Governo centrale e società produttrici di energia si era trovato un accordo con una parziale normalizzazione a fine ottobre 2021.
Questa volta le criticità si assommano alla complessità delle politiche energetiche nell’ambito più vasto della battaglia al cambiamento climatico che sta sconvolgendo gli emisferi terrestri.
In Cina, in particolare, il Governo centrale si era prefisso di raggiungere le zero emissioni nel 2030 ma, in questa fase transitoria, anche in considerazione degli andamenti generali delle fonti energetiche, aveva intensificato l’utilizzo del carbone, accanto alle rinnovabili, al gas e ovviamente all’energia prodotta da fonte idrica.
Attualmente la produzione di energia idroelettrica ha subito una diminuzione del 51% rispetto all’anno passato e la mancanza di acqua sbilancia i piani futuri in un momento dove i costi di produzione contribuiscono ad avere minori margini di profitto, non solo e non in special modo per le industrie energivore.
Il combinato disposto si rende più complesso alla carenza idrica se si sommano le temperature in media di 40 gradi con punte massime di 43.9 gradi che rendono difficile al personale addetto alla produzione e ai singoli cittadini vivere in condizioni di calura costante ed afa, neppure temperata dall’escursione termica che caratterizzava le famose notti desertiche.
A Shanghai, alle ore venti di ogni fine giornata mediamente si registra una temperatura di 37 gradi mentre durante la giornata la colonnina di mercurio aveva sfiorato 42 gradi.
In questo clima, che cosa si sta immaginando per il prossimo futuro al fine di garantire la produzione? Solamente ed ancora una volta la “relocation” in province con clima più temperato e più favorevoli all’approvvigionamento energetico come lo Yunnan: quindi abbandono delle zone costiere, punta di diamante dell’efficienza logistica con i porti più importanti della Cina.
Tra il 2000 ed il 2016, in previsione di un graduale ed omogeneo sviluppo delle province cinesi, il Governo centrale aveva pianificato la ”Go west strategy“ che consisteva nell’individuare dodici province dell’ovest che coinvolgevano 400 milioni di abitanti da trasformare in una nuova Eldorado con circa 400 miliardi di dollari di investimento, prevalentemente in infrastrutture inclusa la realizzazione di centrali idroelettriche che potessero coprire l'80% del fabbisogno stimato.
Tra i vari progetti di bacini idroelettrici con capacità di invaso rilevante si segnalava la diga di Xiaolangdi nella provincia dello Henan, sul Fiume Giallo, edificata dove era sorta una prima civiltà cinese con la sua antica capitale Luoyang con una potenza di 1.856 MW ed una produzione di energia di 5,1 TWH. L'infrastruttura è stata realizzata con il contributo dell’italiana CMC (Coperativa Muratori e Costruttori di Ravenna).
Un secondo bacino ancora più grande è quello delle Tre gole sullo Yangtze River (Fiume Azzurro) nella provincia dell’Hubei, l’impianto più potente al mondo con una potenza di 22,5 GW ed una produzione di 98,8 TWH.
A distanza di pochi anni, “il raggiungimento di alte temperature o la carenza idrica potrebbero essere la causa estrema di cambiare il modo con cui lavoriamo e dove viviamo” ha ipotizzato Steve Cochrane, Chief Economist Asia Pacific di Moody’s Analytics, "l’adattamento al rischio climatico in un senso o in un altro richiede nuovi investimenti nelle infrastrutture esistenti per renderle più efficienti e rispondenti al cambiamento climatico oppure pensare a nuove rilocazioni”.
L'unica e reale alternativa per limitare la carenza di energia elettrica è ancora una volta quella di utilizzare massicciamente le centrali termiche a carbone che giocherà ancora un ruolo cruciale nella stabilità di un nuovo sistema di approvvigionamento con le nuove fonti rinnovabili.
Nei primi sette mesi sono stati utilizzati 2,5 miliardi di tonnellate di carbone, l’11,5% in più rispetto allo stesso periodo del 2021 ed il Governo centrale stima che in questo semestre il consumo continuerà a crescere.
Max Weber, uno dei più importanti filosofi e sociologi del ‘900, sostenitore del modello capitalistico, seppur con qualche riserva, aveva scritto nel 1905 "Risorse Naturali alla fine del capitalismo" nel quale era contenuta la seguente affermazione: "Finchè non sarà bruciato l’ultimo quintale di combustibile fossile il capitalismo sarà in vita e perirà non appena la sua base energetica sarà esaurita". Per questa ragione la sovrabbondanza di combustili fossili garantirà purtroppo il modo conservativo di gestire lo sviluppo. (riproduzione riservata)
*presidente di Savino del Bene Shanghai Co. Vive e lavora a Shanghai da oltre 25 anni