L’anno del coniglio, animale che la tradizione cinese associa alla pace interiore, alle energie da ricaricare dopo periodi di turbolenza, alla fortuna (anche finanziaria), iniziato il 22 gennaio scorso, è ideale per pianificare il proprio futuro, consigliano gli oroscopi, ma con razionalità e senza dimenticare mai che la vita riserva ostacoli e paure.
Una sintesi perfetta di quanto sta succedendo sui mercati azionari: reduci da due anni infernali tra continui lockdown, strette regolamentari sul settore tecnologico, turbolenze immobiliari, scontri commerciali e geopolitici con gli Stati Uniti, i listini di Hong Kong e Shenzhen-Shanghai sono partiti col turbo, mettendo a segno rispettivamente performance del 12% e 9% da inizio gennaio.
Per molti gestori i tempi sono propizi per tornare sui mercati cinesi, facendolo però proprio come suggerisce il coniglio dell’oroscopo: con razionalità, pianificazione nel tempo, selezione attiva dei titoli, sapendo al contempo che la cautela è d’obbligo.
Lo dimostrano i contagi da Covid nel Paese, che hanno superato il miliardo, ma anche le mai sopite tensioni con gli Usa, con lo spettro di un’invasione di Taiwan (mai negata dal presidente Xi Jinping) che pende come una spada di Damocle nei rapporti tra la prima e la seconda economia del mondo.
Per ora i fondi di investimento azionari, direttamente collegati all’andamento dei mercato, hanno apprezzato le buone notizie sul fronte delle riaperture, della ripresa dei consumi e dell’allentamento delle morse regolamentari del governo di Pechino. I primi 10 comparti per performance da inizio anno, mostrano un rendimento medio del 13,5%, che però passa in negativo del 9,1% su un orizzonte annuo e resta comunque in rosso (-2,5%) su una prospettiva triennale.
In una recente ricerca gli analisti di Credit Suisse hanno elencato sette ragioni per sovrapesare la Cina. Tra queste gli esperti annoverano l’eccesso di liquidità e il boom dei depositi, una montagna di contante domestico pronto a essere investito nei mercati; l’attrattività dei dividendi, superiori rispetto alla media storica; la revisione al rialzo degli utili di mercato e del settore tecnologico; le basse valutazioni del tech cinese rispetto a quello globale; il rimbalzo atteso degli indici Pmi ancora piuttosto bassi; e il fatto che gli investitori istituzionali esteri stanno ancora sottopesando la Cina nelle loro allocazioni.
Oltre a questi fattori più tecnici, numerosi money manager guardano con interesse alla Cina in un’ottica di lungo periodo: il Paese, spiega Siguo Chen, portfolio manager di Rbc Gam, «si trova in una posizione di leadership su diversi fronti, come i veicoli elettrici, l’energia verde e gli sviluppi tecnologici che seguono la tendenza alla sostituzione domestica: aspetti importanti per gli investimenti».
Pictet Asset Management, con il suo fondo China Equities, da inizio anno mette a segno una performance del 13,5%. «In questo momento», argomenta James Kenney, senior investment manager della società di gestione, «dividiamo il mercato in due segmenti: in primo luogo i settori di crescita strutturale, cioè rinnovabili, veicoli elettrici, energia pulita». Le valutazioni in questi settori, prosegue il money manager, «si sono allungate».
Il secondo segmento è quello «in cui si assiste ora a una forte ripresa ciclica -immobiliare, consumi- grazie al sostegno del governo». Questi settori, conclude, «hanno risentito di pressioni normative e Covid e le valutazioni sono diventate negative. Negli ultimi mesi il fondo di Pictet «si è orientato verso i settori della ripresa ciclica». Dal canto suo Fidelity è presente nel ranking Fida con tre comparti: China Innovation (+14,4% nel 2023), Greater China (+14,1%) e China Focus (+13%). Donatella Principe, director-market and distribution strategy di Fidelity International, guarda in particolare a «titoli che possono beneficiare della riapertura, ad esempio trasporti e turismo». Anche il settore energetico, per la money manager, «rimane interessante, in quanto pensiamo che i prezzi dell’energia continueranno a salire a lungo, alla luce dell’aumento post-pandemia del consumo di vari prodotti e servizi in Cina».
Fari puntati poi sul settore tecnologico: «Il governo», osserva Principe, «ha anticipato un minore interventismo nel comparto, il cui ruolo è riconosciuto come determinante per la crescita della Cina». Infine, «la politica ha favorito il consolidamento del settore immobiliare, grazie anche al sostegno finanziario agli sviluppatori». (riproduzione riservata)