Pirelli ha incominciato ad allentare alcuni rapporti commerciali con la Cina e con Sinochem, il suo principale azionista. Il gruppo ddi pneumatici ha ufficializzato di aver modificato gli accordi di licenza con due società (la prima cinese e la seconda italiana) controllate entrambe da Sinochem. I legami con la prima, Aelous, rpoduttrice di pneumatici per camion, sono stati definitivamente cancellati, mentre la fine di quelli con la seconda, Prometeon, è stata anticipata dal 2030 al 2028.
Queste modifiche porteranno a incassi inferiori per più di 250 milioni di euro spalmati su sette esercizi di Pirelli, ma non avranno effetti sui target del piano industriale della società e che - considerando l’attualizzazione dei valori, il derisking e gli altri benefici ottenuti - avranno un saldo finale positivo per oltre 83 milioni.
Inoltre, le motivazioni contenute nei documenti consultati da MF-Milano Finanza - che parlano di rischi di mancati pagamenti, possibile utilizzo improprio di tecnologie e marchi Pirelli e potenziali contenziosi internazionali - fanno trasparire come il rapporto di fiducia e collaborazione tra il gruppo della Bicocca, guidato dal vicepresidente esecutivo Marco Tronchetti Provera e dal ceo Andrea Casaluci, e Sinochem, che esprime il presidente del gruppo, e le sue controllate non sia ai massimi storici.
Prometeon è ciò che in precedenza era conosciuta come Pirelli Industrial, spin-off della business unit del gruppo della Bicocca dedicata alla produzione di pneumatici per veicoli pesanti a uso industriale, agricolo o trasporto passeggeri. Attività considerata non strategica e per questo passata di mano sette anni fa all’allora ChemChina, poi trasformatasi in Sinochem.
L’altra società coinvolta è Aeolus, gruppo cinese che produce pneumatici industriali, la cui maggioranza (57,5%) è in mano a Sinochem. A oggi Prometeon, che ha mantenuto una doppia anima italo-cinese, è posseduta al 52% dalla Marco Polo (scatola che detiene il 37% di Pirelli), al 38% direttamente da China National Tire & Rubber (divisione di Sinochem) e al 10% da Aeolus. Di fatto, quindi, si tratta di due società controllate dal primo azionista di Pirelli.
Gli accordi in questione, ora modificati, erano stati siglati tra Pirelli e le due controllate di Sinochem nel 2016 con durata fino al 2030, salvo poi subire rimodulazioni nel 2019 che avevano abbassato i minimi contrattuali dovuti al gruppo italiano. I rapporti commerciali tra le tre realtà erano particolarmente intricati.
Semplificando, Aeolus poteva utilizzare la tecnologia (brevettata e non) di Pirelli e ricevere assistenza tecnica da Prometeon (ma pagata da Pirelli); Prometeon poteva utilizzare la tecnologia (brevettata e non) e sfruttare alcuni marchi del gruppo della Bicocca; Pirelli aveva un contratto di affitto fino a fine 2023 di uno stabilimento produttivo in Turchia di proprietà di Prometeon, con rinnovi triennali automatici fino al 2029 salvo disdetta del proprietario; infine, Pirelli e Aeolus possiedono tre diversi siti produttivi in Cina in joint venture.
Dal primo gennaio scorso, però, i minimi contrattuali sarebbero dovuti tornare a regime, portando a un aumento complessivo di circa 21 milioni annui dovuti da Aeolus e Prometeon a Pirelli. Cifre insostenibili dalle due controllate di Sinochem, che hanno chiesto di rinegoziare come da clausola prevista.
Dopo le modifiche, i rapporti commerciali rimasti in piedi sono solo quelli tra Pirelli e Prometeon, con il gruppo della Bicocca che ha ottenuto la riduzione dei costi per l’assistenza tecnica. Pirelli ha anche ottenuto la possibilità di rimanere nell’impianto turco - centrale per la produzione Motorsport del gruppo - fino al 2029, con la possibilità di estendere la permanenza fino al 2038, seppur con un aumento dei canoni di locazione.
Infine il gruppo ha ottenuto maggiore flessibilità nelle joint venture cinesi con Aeolus per ottimizzare la produzione in futuro. Nella relazione visionata da MF-Milano Finanza con cui l’azienda ha valutato l’operazione, il comitato Parti correlate ha spiegato in modo chiaro perché fosse negli interessi di Pirelli rinegoziare e quali sarebbero stati i rischi altrimenti.
Per quanto riguarda i contratti di licenza, l’operazione viene definita «necessaria» per ridurre «rilevanti rischi» collegati a «un uso improprio od opportunistico» di tecnologia e marchio Pirelli, affiancando a quest’ultimo «prodotti che non rispecchiano gli standard qualitativi» del gruppo e finendo così per danneggiarne la reputazione.
Con il ritorno alle cifre previste dai contratti originari, Prometeon e Aeolus avrebbero potuto «interrompere i pagamenti» con il rischio di contenziosi internazionali (e poche certezze di riuscire a riscuotere gli importi anche in ogni caso) e il contemporaneo possibile utilizzo, anche opportunistico, delle licenze concesse da Pirelli. Oltretutto, almeno per il momento, i rapporti sono solo con Prometeus, soggetto italiano e quindi considerato più controllabile anche se rimane sullo sfondo il rischio legato ai contenziosi internazionali se Aeolus, come da piani, concluderà nell’orizzonte temporale dei contratti la totale integrazione di Prometeus.
Infine, la permanenza garantita in Turchia non espone più il gruppo guidato da Tronchetti Provera e Casaluci al rischio di dover spostare la produzione in un altro impianto o di dover investire 240 milioni per costruire uno dalle caratteristiche equivalenti ex novo. (riproduzione riservata)