Il distretto della pelletteria di Firenze stima una ripresa dopo la prima metà 2021, puntando su reshoring, formazione, sostenibilità e digitalizzazione. Secondo i dati di Confindustria Firenze, nei primi nove mesi 2020 l’export di pelletteria del cluster toscano (il primo per vendite oltreconfine nel ranking nazionale della moda del 2019 se si considerano anche le calzature) ha visto una flessione del 34,3% rispetto allo stesso periodo 2019, a quota oltre 3 miliardi di euro.
«Dopo il 2020, stimato in un range tra il -20 e il -35%, il 2021 sarà ancora molto complesso almeno nella prima parte, visto che il settore ripartirà completamente appena la situazione sanitaria si sarà normalizzata», ha spiegato a MFF Stefano Giacomelli, ceo di Tivoli group e nel consiglio direttivo della sezione Moda di Confindustria Firenze, «Le aziende del distretto si stanno preparando per essere pronte al cambiamento. Il focus è su digitale e sostenibilità e in questo servono progetti mirati perché i soldi a pioggia sono sterili».
Giacomelli, che è anche consigliere generale di Assopellettieri, ha poi illustrato il futuro del cluster. «Le sfide sono due. Da un lato implementare le politiche di reshoring, cercando di aggredire la fascia premium dei brand ora delocalizzati nei paesi asiatici. Se anche rientrasse il 10% delle commesse sarebbe già un ottimo risultato.
Per questo da un lato servono facilitazioni economiche per abbattere il costo del lavoro, dall’altro una valorizzazione di qualità di sistema all’estero, con le nostre imprese troppo spesso inserite in uno stereotipo che le fa apparire troppo piccole e quindi non solide, non rispettose delle consegne e incapaci di lavorare con clienti esteri. Invece, le commesse italiane, oltre alla maggiore qualità del prodotto, hanno dalla loro anche la flessibilità.
L’altro grande tema è la formazione, dove si rende necessario far confluire le scuole di settore in un progetto più ampio, robusto e coordinato». L’imprenditore ha poi concluso con un’analisi su fusioni di imprese per combattere la crisi. «Non vedo in quello fiorentino percorsi attivi di aggregazioni di aziende, semmai potrà continuare il processo di internalizzazione di lavorazioni da parte dei big player. In generale, credo che essendo abbastanza satura la zona di Scandicci il distretto diventerà sempre più diffuso con un allargamento ad altre zone limitrofe, ma l’area resterà il cuore centrale proprio grazie alla disponibilità di sourcing, di personale qualificato e alla vicinanza delle aziende di materie prime». (riproduzione riservata)