L'Italia pronta a difendere la politica portuale dalle critiche di Bruxelles. Il Governo non sembra voler accettare infatti le conclusioni cui è giunta la Commissione europea secondo cui le Autorità di sistema portuale devono pagare le tasse sul reddito per l’attività economica svolta. Il ministro dei trasporti Danilo Toninelli i primi giorni di gennaio ha infatti ricevuto una comunicazione di 23 pagine firmata dal commissario europeo per la concorrenza Margrethe Vestager, a conclusione di un’indagine avviata nel 2013.
Ora ha due mesi di tempo per far sapere se l’Italia intende accettare o meno quanto deciso dall’Europa. La conclusione cui giunge la Commissione Ue è che gli enti pubblici non economici che in Italia gestiscono i porti, diversamente da quanto accadeva finora devono essere soggetti a imposte sui redditi. «La mancata assoggettazione delle attività economiche svolte dai porti all’imposta sul reddito delle società comporta un vantaggio selettivo», sostiene l’Europa, «che rischia di falsare la concorrenza e gli scambi intra-Ue. Di conseguenza l’esenzione fiscale concessa alle AdSP costituisce un aiuto di Stato poiché incide sugli scambi intra-Ue».
Il termine ultimo per correggere l’attuale impostazione è il 31 dicembre 2019, ma già a inizio marzo l’Italia dovrà comunicare a Bruxelles se intende accettare o meno la sentenza. Roma sembra orientata a opporsi ricorrendo, se necessario, alla Corte di giustizia europea, così come fatto di recente e per lo stesso motivo dal porto fluviale di Bruxelles.
In settimana a Roma il Ministero dei trasporti ha convocato la Conferenza nazionale di coordinamento delle Autorità di sistema portuale, a seguito della quale è stata diramata una nota dove in sintesi si dice che a breve si riuniranno «appositi tavoli tecnici per studiare «possibili azioni di semplificazione normativa» e per affrontare «il tema dei presunti aiuti di Stato sollevati dalla Commissione europea, per evitare una tassazione che sarebbe insensata e per dare valore alla specificità italiana in materia». Edoardo Rixi, viceministro ai trasporti, leghista, ha poi precisato che il governo intende mantenere i porti italiani «sotto il controllo pubblico, la cui natura pubblica non è in discussione». Pare dunque allontanarsi l’ipotesi da tempo caldeggiata da Rixi di trasformare le Autorità di Sistema Portuale in spa.
Al di là delle dichiarazioni ufficiali però l’Italia propenderà per la linea dura opponendosi al diktat di Bruxelles. «Ma prima occorrerà comunicare la non accettazione della decisione della Commissione Ue, poi si aprirà una procedura e solo allora si potrà ricorrere contro Bruxelles», spiega una fonte. La sede per impugnare il provvedimento è la Corte di giustizia Ue. Se invece prevarrà l’orientamento della Commissione Europa per l’Italia gli effetti potrebbero essere per certi aspetti dirompenti.
Dal punto di vista finanziario, l’imposizione fiscale delle attività economiche svolte dalle port authority probabilmente non metterebbe in ginocchio nessuno scalo ma finirebbe per privilegiare quelli che già oggi hanno infrastrutture e traffici in grado di generare solide entrate per i rispettivi enti. C’è poi il tema legato al trasferimento di risorse pubbliche dallo Stato alle AdSP che, non ammissibili secondo l’orientamento comunitario.
Ciò porterebbe in futuro alla necessaria compartecipazione dei privati alla realizzazione di nuove infrastrutture, ma anche in questo caso sarebbero avvantaggiati gli scali in grado di servire mercati più ampi (tipo quelli del Nord Tirreno e del Nord Adriatico). Dopodiché non vanno dimenticate le azioni legali e risarcitorie che le port authority potrebbero subire se passasse la linea Ue.
Attualmente le autorità di sistema sono quelle di Ancona, Bari, Brindisi, Cagliari, Catania, Civitavecchia, Genova, La Spezia, Livorno, Marina di Carrara, Messina, Napoli, Palermo, Ravenna, Savona, Taranto, Trieste e Venezia, e la più importante per traffico è quella che riunisce i tre porti del nord Tirreno, Genova, Savona e Vado Ligure, quest'ultimo destinato a diventare uno dei terminal container più importanti del Mediterraneo, grazie agli investimenti in corso da parte della danese Maersk e dei cinesi di Cosco per costruire una nuova enorme banchina a cui potranno attraccare le mega portacontainer da 20 milioni di tonnellate.