Non c’è soltanto il commercio. La Belt and Road Initiative può contribuire a inserire l’Italia nelle reti produttive internazionali. Nell’ultimo ventennio le caratteristiche qualitative principali del modello di specializzazione internazionale dell’industria italiana sono rimaste invariate si legge nell’ultimo rapporto Cer, diretto da Vladimiro Giacché, dedicato alla Nuova Via della Seta e all’impatto sugli scambi internazionali e opportunità.
Il documento presentato venerdì 12 aprile al Cnel, che con Confetra ha lanciato una serie di audizioni per semplificare il mondo della logistica, rileva come “i vantaggi comparati più forti restano concentrati nel settore dei macchinari industriali e nei beni di consumo per la persona e per la casa, tipici del made in Italy”.
L’effetto si era attenuato. Negli ultimi anni sono per emersi nuovi settori, come la farmaceutica, mentre le tendenze della domanda mondiale, in particolare della nuova classe media degli emergenti hanno contribuito a far recuperare la quota di mercato aggregata alle esportazioni italiane. “In alcuni settori, come tessile, abbigliamento, calzature, e anche nella farmaceutica l’intensità della specializzazione delle esportazioni è superiore a quella misurata al netto delle importazioni. Ciò potrebbe essere interpretato come un segno del fatto che i vantaggi comparati delle esportazioni sono sostenuti dalle importazioni di beni intermedi, che le imprese effettuano partecipando alle reti produttive internazionali”, spiega il rapporto scritto da Stefano Fantacone, Lelio Iapadre, Ilaria Salvati.
La globalizzazione è in difficoltà, spiega Iapadre. “In diverse aree, in particolare nei maggiori paesi asiatici, si sta inoltre manifestando una flessione del grado di penetrazione delle importazioni, che a partire dal 2012 sono tendenzialmente cresciute meno del prodotto. Questo andamento potrebbe essere ricondotto a un processo di conversione della produzione nazionale verso la domanda interna, anche per effetto di politiche industriali volte a completare le filiere produttive, sviluppando la produzione locale di beni intermedi e riducendo la dipendenza dalle importazioni”, rileva il documento.
Il lancio nel 2013 della nuova Via della Seta, nella sostanza un grande programma di investimenti infrastrutturali, pare pensato anche per rispondere a questa frenata, sottolinea Iapadre, anche se gli obiettivi di Pechino sono tre: abbassare il costo dell'import di energia; bilanciare gli squilibri interni; riassorbire l'eccesso di capacità produttiva.
L’Italia è pienamente all’interno di questo processo. Il rallentamento della crescita è stato particolarmente accentuato. Si riduce la quota italiana sul totale del pil europeo e anche il livello di reddito pro-capite è sceso sotto la media Ue. “Il divario più rilevante, anche per le sue implicazioni sul potenziale di crescita del Paese, si manifesta nella capacità di attrarre investimenti esteri”.
Inoltre con l’unica eccezione del 2017, le esportazioni italiane di beni e servizi negli ultimi anni sono cresciute a un tasso sensibilmente minore della media dell’Eurozona. “Risultati marginalmente migliori emergono escludendo i servizi e concentrando l’attenzione sugli scambi di merci. Espressa a prezzi correnti, la quota di mercato mondiale delle esportazioni italiane, dopo essere nettamente diminuita nella prima fase della crisi globale, ha mostrato qualche segno di lieve recupero a partire dal 2013, anche se è tornata a ridursi l’anno scorso”
La partecipazione italiana alla Belt & Road può contribuire a creare legami con aree distanti in Medio Oriente , Africa e Asia, favorito dallo sviluppo infrastrutturale che potrebbe stimolare gli scambi, attualmente al di sotto del loro livello potenziale