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Nuovo boom del turismo cinese, per ora soprattutto sull'interno

Durante il ponte del primo maggio sono stati superati del 20% i flussi dei viaggi rispetto al periodo pre-Covid, anche se in termini di valore i saldi sono gli stessi. È un segnale forte della ripresa dei consumi, auspicata dal governo? Per l'estero ci sono numeri in crescita per le tappe asiatiche, latita ancora l'Europa con qualche eccezione per l'Italia


09/05/2023 10:20

di Marco Leporati*

settimanale

Sul fronte dei dati cinesi in chiaroscuro degli ultimi due mesi, che lasciano a proiezioni future una prospettiva più in salute, ne emerge uno che dovrebbe essere incontrovertibile: il flusso di turisti che si è mosso durante il lungo ponte del Primo maggio.

La domanda che sorge spontanea è la stessa del passato: è stata solo una revenge spending temporanea come era successo alla fine del 2020 dopo sei mesi di pandemia o questo andamento andrà ad irrobustirsi creando consumatori forti e costanti?

Tutti i dati rapportati all’anno precedente danno performance tra l’80% e il 100%. È ovvio che è un raffronto anomalo visto la prolungata chiusura a macchia di leopardo dello scorso anno; è invece interessante il raffronto con il 2019 anno preCovid. In questo caso si è rilevata una crescita che sta a significare volontà di dimenticare quanto accaduto e cercare di riprendere i comportamenti alla propensione alla spesa di quell’anno. Non va dimenticato che proprio in quell’anno era stato registrato un movimento turistico fuori dai confini cinesi di cento milioni di persone oltre ai flussi domestici correlati alle varie festività collettive.

Da parte del Ministero della Cultura e del Turismo nei primi cinque giorni del mese di maggio è stato registrato nelle principali destinazioni turistiche domestiche un numero di visitatori pari a 274 milioni, il 70.8% in più anno su anno ma del 20% superiore rispetto al medesimo periodo del 2019.

Se in termini di quantità l’incremento rispetto al 2019 è relativamente significativo, in termini di valore si è avuto un incremento solo dello 0.66%: ciò sta a significare che la spesa procapite si è mantenuta ai livelli del 2019 oppure che non vi è stata un'ascesa dei prezzi con l’obiettivo di attrarre la maggior quantità di persone.

Per quanto concerne gli spostamenti internazionali si è registrato alle frontiere un movimento di sei milioni di uscite, ancora poche rispetto al periodo preCovid ma allo stesso tempo vincolate alle procedure di rilascio dei visti che non sono ancora ritornate alla normalità nonostante che alcuni Paesi ne abbiano facilitato il rilascio. Anche sul fronte degli spostamenti aerei vi è da evidenziare che i voli giornalieri sono ancora sotto una media ragionevole ed i prezzi dei biglietti risultano essere elevati.

Hong Kong è una di queste destinazioni e nei cinque giorni presi in considerazione ha registrato un movimento totale di 1.7 milioni di visitatori. Il 37% di questi pari a 625.000 proveniva dalla Cina continentale. Anche in questo caso non ha alcun senso il confronto con l’anno precedente quando non vi erano voli di collegamento e servizi ferroviari irregolari che collegavano Hong Kong con la Greater Bay Area.

La spesa procapite invece è stata superiore del 40% rispetto al passato e per i turisti cinesi si è arrivati a un più 70%. Il balzo in avanti di Hong Kong  risulta la continuazione di quanto si era visto a fine marzo con i biglietti aerei acquistati prevalentemente da cinesi che non erano rientrati in Cina negli ultimi tre anni e che desideravano il ricongiungimento familiare.

Come si era anticipato qualche mese fa le maggiori destinazioni turistiche sono quelle del sud est asiatico e le più gettonate sono la Thailandia e Bali non trascurando Singapore. Anche l’Europa ricomincia ad essere attrattiva e da aereoporti secondari come Nanchino sono stati ripresi voli sull’Italia ed una trentina di voli giornalieri sulle destinazioni sopramenzionate.

Da questo quadro sinottico ne conseguono le prime considerazioni da parte governativa. Il Ministro del Commercio, riprendendo questi info-dati, sostiene anche utilizzando a supporto il risultato complessivo del 58% anno su anno nei servizi di ristorazione, che questo è un segnale forte della “ripresa dei consumi e della vitalità della domanda domestica” asserendo che “il ruolo del consumo è il principale motore della crescita economica che contribuirà a cementare questo momento contingente di ripresa”.

In questa ripresa due settori sono oltremodo importanti: l’e-commerce, cresciuto del 133% rispetto allo stesso periodo del 2019 (fonte piattaforma Meituan) ed il consumo di cibo (+ 88%) nelle aree pedonabili, includendo anche lo street food che, regolamentato in maniera restrittiva negli anni precedenti al fine di limitarlo, ha visto adesso un rinvigorimento anche suggerito dal Governo centrale come attività microimprenditoriale per i giovani.

Nell’ambito del retail vi è stata una crescita nel settore dei metalli preziosi (+ 23%) e nella gioielleria, nonchè dei cosmetici (+ 16,5%), delle bevande alcoliche (+ 15%) e dei beni durevoli (+ 14%).

A margine di queste considerazioni la scorsa settimana il Political Bureau del CPC Central Comittee ha focalizzato l’attenzione sull’attenzione ad una revisione dei salari in quanto “solo muovendosi concretamente in quella direzione è possibile aiutare l’aumento del reddito della popolazione che permette un’espansione dei consumi”.

Questo accenno è importante ma deve essere inteso come corrispettivo di un’economia la cui produzione ha come obiettivo prevalente il mercato globale per il quale l’export in questo primo periodo non ha brillato. È difficile disgiungere l’esportazione da un modello che dovrebbe ricalcare il principio della dual circulation concentrato solo sul mercato domestico.

Si ritorna alle solite congetture di una quadratura del cerchio difficilmente realizzabile a meno di un cambio nei fattori presenti nel mercato mondiale oggi fondato su di uno scenario fluido ma nello stesso tempo con situazioni precostituite politicamente. (riproduzione riservata)


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