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Politica

Coface, meno ritardi nei pagamenti per le imprese asiatiche

La percentuale di imprese che ha dichiarato ritardi di pagamento è scesa al 57% nel 2022 – il livello più basso da 10 anni – contro il 64% nel 2021. Le aziende di Hong Kong e Cina, dove le restrizioni legate al lockdown sono state revocate solo a fine 2022, si sono rivelate più fiduciose in termini di crescita economica per il 2023


13/07/2023 18:40

di Mauro Romano - Class Editori

Cina

Le imprese asiatiche hanno registrato nel 2022 meno ritardi di pagamento e sono abbastanza ottimiste nonostante il contesto economico. Il quadro emerge dall'ultimo studio Coface sul comportamento di pagamento delle imprese in Asia.

La percentuale di imprese che ha dichiarato ritardi di pagamento è scesa al 57% nel 2022 – il livello più basso da 10 anni – contro il 64% nel 2021. Tuttavia, la durata dei ritardi di pagamento nella regione Asia-Pacifico ha subito un netto allungamento, malgrado le imprese si siano rivelate più restrittive nella concessione di crediti in un contesto di forte aumento dei tassi, inasprimento delle condizioni finanziari e crescente inflazione. I ritardi di pagamento sono passati da 54 giorni in media nel 2021 a 67 giorni.

Sette settori su tredici oggetto dell’indagine hanno registrato ritardi di pagamento importanti. Il commercio al dettaglio è il settore più colpito (oltre 15 giorni), quello farmaceutico (oltre 10,5 giorni) e l’energia (oltre 10 giorni). I settori dell’energia e delle costruzioni registrano i ritardi di pagamento medi più gravi (77 giorni); al contrario, agroalimentare e tessile i più brevi, passando da 60 giorni nel 2021 a 52 nel 2022.

Secondo l’esperienza di Coface, l’80% dei mancati pagamenti di oltre sei mesi (gravi ritardi di pagamento) non vengono mai saldati. Di conseguenza, quando i ritardi gravi rappresentano oltre il 2% del fatturato annuo di un’impresa, i rischi di liquidità diventano significativi.

Lo studio mostra una riduzione del numero di intervistati che hanno dichiarato gravi ritardi di pagamento superiori al 2% del fatturato annuo, passando dal 34% nel 2021 al 26% nel 2022. Malgrado un miglioramento nella maggior parte dei paesi asiatici, la situazione cambia in Australia, dove la percentuale di intervistati che ha dichiarato gravi ritardi di pagamento è passata da un livello già elevato pari al 56% nel 2021 al 63% nel 2022. Anche la Malesia ha dovuto affrontare un incremento dei rischi di liquidità, con una percentuale di ritardi che è passata dallo 0% degli intervistati nel 2021 al 26%. A livello generale, la situazione potrebbe peggiorare nei prossimi mesi, dal momento che Giappone, Corea, Australia, Hong Kong e India hanno già registrato insolvenze d’impresa nel 1° semestre 2023.

Il 39% delle imprese oggetto dell’indagine ha indicato l’incremento dei prezzi delle materie prime come elemento di impatto su fatturato e liquidità nel 2022. Gli altri fattori menzionati sono stati: le interruzioni dell’attività causate dai lockdown, che a loro volta hanno comportato una carenza di manodopera (27%), e un calo della domanda (20%). I prezzi elevati delle materie prime, soprattutto l’energia, gli alti tassi di interesse e il deterioramento delle condizioni finanziarie, così come la domanda globale stagnante, dovrebbero frenare l’attività delle imprese nel 2023.

Secondo gli intervistati, le prospettive per il 2023 sembrano migliorate. Il 77% prevede un miglioramento della crescita economica per quest'anno. Le aziende indiane e thailandesi sono le più ottimiste, con rispettivamente il 92% (+9,4 punti rispetto al 2021) e l'86% (+5,6) degli intervistati che stima una crescita maggiore. Le aziende di Hong Kong e della Cina, dove le restrizioni legate al lockdown sono state revocate solo a fine 2022, si sono rivelate più fiduciose in termini di crescita economica per il 2023, con un incremento della percentuale di 23,7 punti, raggiungendo il 77% nel primo caso e di 16,3 punti, con l'84% nel secondo. (riproduzione riservata)


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