MENU
Politica

Il Politecnico di Torino apre a Kyoto, prima università italiana

L'Università piemontese ha inaugurato a Kyoto il suo PoliTo Japan Hub, diventando di fatto il primo ateneo italiano ad aprire un ufficio indipendente nel Paese


12/07/2023 20:08

di Serena Zagami - Class Editori

Giappone
Guido Saracco, rettore Polito

Una collaborazione iniziata 30 anni fa che vanta 15 partenariati con altrettante università giapponesi e che oggi si consolida ulteriormente. È quella tra il Politecnico di Torino e il Giappone, terza economia al mondo e uno dei sistemi economici più moderni e avanzati al mondo. L'Università piemontese ha inaugurato a Kyoto il suo PoliTo Japan Hub, diventando di fatto il primo ateneo italiano ad aprire un ufficio indipendente nel Paese.

«Ci sono diverse motivazioni che ci hanno spinto ad aprire una sede a Kyoto», spiega il rettore del Politecnico di Torino, Guido Saracco. «Innanzitutto Italia e Giappone condividono l'obiettivo reciproco di rafforzarsi nella ricerca applicata e di incrementare la collaborazione reciproca tra le imprese con accordi commerciali e di sviluppo di prodotti». Lo dimostra anche «il piano di collaborazione intensiva varato dal Ministro italiano delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso e dal suo omologo giapponese», aggiunge il rettore, «e questa inaugurazione, come è stato riconosciuto dall'ambasciatore italiano qui in Giappone, ne è un primo tangibile segno».

Il secondo motivo riguarda le sfide comuni. «Il Giappone come l'Italia soffre del problema della denatalità e dell'invecchiamento della popolazione, che mette in difficoltà le imprese nella ricerca di risorse umane qualificate». Avendo problemi simili, i due Paesi possono «collaborare anche sul fronte tecnologico per trovare soluzioni». A ciò si aggiunge il fatto «che sono tutti e due Paesi con una forte tradizione manifatturiera e tecnologica, e una profondità culturale notevole che cercano di preservare».

Il PoliTo Japan Hub di Kyoto vedrà la presenza di una quarantina di professori, con l'obiettivo di creare nuove sinergie nella ricerca e migliorare la collaborazione con aziende e organizzazioni grazie al coinvolgimento di attori dell'area di Kyoto e di tutto il Giappone. «Il progetto faciliterà l'arrivo di giapponesi in Italia sia dal punto di vista industriale che universitario della ricerca», aggiunge Saracco. Senza contare, sottolinea inoltre, che investire concretamente risorse umane nel Paese «cambia veramente le cose e fa superare certe barriere e permette di andare oltre un destino di collaborazione fredda, basato su vecchi pregiudizi che vogliono il Giappone un sistema molto chiuso».

Il rettore evidenza di aver riscontrato proprio un grande entusiasmo per l'iniziativa non solo da parte del mondo delle imprese giapponesi, ma anche delle banche. «Abbiamo siglato un accordo con la Banca Shinkin, che è la banca di riferimento di questa zona del Giappone, dove c'è Kyoto, Kobe, Osaka, che si chiama Kansai. Da cosa nascerà cosa e riusciremo a svolgere un ruolo importante non tanto e solo per il Politecnico di Torino, ma anche per il nostro Paese e probabilmente faremo da apripista per altre iniziative analoghe di altre università che possono portare competenze magari complementari alle nostre», racconta Saracco.

Secondo il rettore, infatti, non mancheranno i vantaggi per Torino e in generale l'Italia: «Tutto quello che può fare il Politecnico e che arricchisce il Politecnico arricchisce anche gli studenti che lo frequenteranno». In generale, «quello di cui noi abbiamo bisogno a livello globale è stabilire dei rapporti industriali. Se la manifattura, che specialmente nel torinese è molto quotata a livello mondiale, trova collaborazioni con le imprese locali, favorita anche dai finanziamenti delle banche giapponesi, tutto può effettivamente realizzarsi».

Ma il PoliTo Japan Hub non è l'unica sede del Politecnico di Torino all'estero. «Abbiamo una base che sforna già 300 laureati all'anno in Uzbekistan a Tashkent, nella Via della Seta. Abbiamo creato realtà analoghe anche in Cina a Pechino, e a Canton». Ma guardando al futuro «stiamo pensando di insediarci in Kenya e in Marocco. Insomma, dove c'è una massa critica di interessi decidiamo di aprire le nostre sedi e avere persone stanziate per cogliere le opportunità». (riproduzione riservata)


Chiudi finestra
Accedi