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Politica

Immobiliare, giù prezzi e superfici vendute, la crisi si avvita

Le superfici vendute sono diminuite del 49% negli ultimi due mesi e i prezzi scendono in 70 città, sia per il nuovo che per l'usato. Per 320 progetti i compratori si rifiutano di pagare le rate dei mutui per le abitazioni non finite. L'impatto sull'intera filiera del retail, che comprende arredamento e design


19/08/2022 11:20

di Marco Leporati*

settimanale

In questa torrida estate cinese il mercato immobiliare è diventato gelido: prezzi che negli ultimi undici mesi continuano a diminuire e 50 milioni di abitazioni acquistate negli anni del boom immobiliare e abbandonate, vuote, in attesa di un futuro compratore che possa remunerare l’investimento con un cospicuo margine di guadagno.

Purtroppo la gallina dalle uova d’oro, protagonista della famosa e sempreverde favola di Esopo, è stata uccisa sperando di trovare all’interno del suo stomaco oro in quantità, ma questa speranza si è rivelata vana come l’attuale mercato immobiliare la cui crisi è iniziata in forma acuta un anno fa quando Evergrande, uno dei big developer cinesi, insieme ad altri venti, si è trovata in difficoltà a ripianare i debiti a scadenza, debiti cui far fronte alla luce di previsioni di prevendite annullate.

Negli anni d’oro del mercato immobiliare (2007-2016), le famiglie ricevevano cospicui indennizzi per abbandonare le vecchie abitazioni ubicate su terreni messi all’asta per favorire i progetti dei developer. Questo è stato il volano che ha caratterizzato l’espansione del mercato immobiliare prima ancora che alcune città adottassero misure abbastanza rigide per limitare l’acquisto.

Tuttavia la norma più diffusa, la proprietà di una sola abitazione per nucleo familiare, veniva spesso aggirata con separazioni consensuali fittizie (il nucleo familare continuava a vivere sotto lo stesso tetto) o procastinati matrimoni. Questo corso inarrestabile degli eventi, favorito e supportato come modello economico, ha portato ad avere oggi milioni di case vuote e abbandonate dai proprietari con una percentuale di vacancy del 12,1% seconda solo a quella del Giappone.

In passato, l'alto tasso di vacancy ha funzionato come una sorta di calmiere, nei momenti di rialzo dei prezzi, perché le abitazioni vuote venivano messe in vendita. Oggi questi artifizi non servono a dominare una crisi che ha lasciato nel mezzo gli stessi developer e gli acquirenti in una sorta di bolla pressurizzata senza sbocchi futuri.

I dati forniti da NBS (National Bureau of Statistics) confermano che il principio “la casa è per viverci e non speculazione” accompagnato dalle misure per stabilizzare il mercato immobiliare non ha funzionato. In luglio la superfice venduta è diminuita da maggio del 49,1% pari a 92,55 milioni di metri quadrati in meno.

Di conseguenza è stato registrato un calo dei prezzi immobiliari dello 0,1% su giugno e dell’1,7% anno su anno in 70 città. In particolare in 40 città sono diminuiti i prezzi per le nuove costruzioni mentre in 51 città sono diminuiti quelli di seconda mano.

Dato preoccupante ma scontato è quello relativo agli investimenti nello sviluppo delle attività immobiliari che sono calati del 31,1% rispetto al precedente mese di giugno.

L’ultima vittima è il gruppo Country Garden, anch’esso con sede ad Hong Kong e nel Guangdong che ha annunciato per la prima semestrale una perdita dei profitti pari al 70% aumentando il proprio indebitamento.

La predisposizione alle prevendite è rimasta ormai un miraggio, mentre chi ha comprato in precedenza si rifiuta di corrispondere la rata del mutuo per abitazioni non ancora terminate. Il boicottaggio diffuso è stata l’arma contagiosa in 100 città ed ha riguardato 320 progetti. È dovuto intervenire il China’s Politbureau per assicurare che il Governo centrale si pone quale garante manlevando i compratori di futuri rischi.

Lunedì scorso la banca centrale, People's bank of China, ha deciso in maniera inaspettata di ridurre il tasso di interesse di un anno a medio termine di 10 punti portandolo al 2,75% compresa la riduzione del tasso di ritorno dell’immobile acquistato entro i sette giorni dal 2,1% al 2%.

Zhang Zhiwei, presidente e capo degli economisti di Pinpoint Asset Management, ha sostenuto che “il taglio effettuato da PBOC va nella giusta direzione ma la sola politica fiscale non è sufficiente a risolvere questa intricata matassa. Bisogna considerare misure a sostegno del settore immobiliare e azioni che contrastino la zero Covid policy”.

Goldman Sachs ritiene che a fronte di una caduta del mercato immobiliare corrisponde anche un raffreddamento di tutta la divisione retail per l’edilizia compreso materiale da costruzione ed arredamento, con conseguenze anche sull'export di prodotti italiani considerando il successo anche in Cina del sistema arredo made in Italy, confermato anche dall’edizione del Salone del mobile della primavera scorsa.

Soluzioni a breve non se ne intravvedono e torna alla memoria un vecchio film di Vittorio De Sica con Alberto Sordi in pieno sviluppo italiano, Il boom. In una delle scene madri al responsabile di una società di prestiti il protagonista ribadisce: ”Sa cosa si guadagna oggi nell’edilizia? Almeno il 50% e io conosco tutti i trucchi”.

Nel boom cinese questa lezione non funziona più, rimangono solo i fasti e le vestigia di un passato troppo recente per essere dimenticato. (riproduzione riservata)

*presidente di Savino del Bene Shanghai Co. Vive e lavora a Shanghai da oltre 25 anni


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