A fronte di un tasso di disoccupazione medio in Cina che nel primo trimestre ha registrato 5,3%, secondo l'ufficio nazionale di statistica, spicca in negativo la dinamica del tasso di disoccupazione giovanile che nella fascia di età tra 16 e 24 anni è salita al 18,3%, in crescita dal 2022, e che ha superato il 20% in aprile.
Il dato relativamente alto di aprile di giovani non occupati potrebbe considerarsi in linea con quello di altri Paesi del mondo ma fra un mese quando oltre 11 milioni di studenti usciranno dalla scuola si troveranno di fronte uno scenario forse tra i più incerti dalla rinascita di questo Paese a partire dalle ultime due decadi.
Una prima lista di limiti o constraints si pone di fronte a loro: il primo concerne il recente passato sia da un punto di vista economico sociale che da quello psicologico. Se si prendono in considerazione le fasce di età tra i 15 e i 24 anni, i nati tra il 1999 e il 2007 equivalgono a 150 milioni di cui trenta milioni senza occupazione: in questo numero non sono inclusi i giovani di età di 15 anni in quanto teoricamente non possono per legge lavorare.
Di questi 30 milioni di NEET (acronimo che indica chi non frequenta un corso scolastico, nè lavora né fa training) buona parte era uscita dalle scuole durante il triennio della pandemia e solo un minimo numero aveva trovato una soluzione occupazionale.
A cosa si troveranno di fronte i neodiplomati o neolaureati di giugno in concomitanza con la seconda parte dell’anno che normalmente dovrebbe essere quella trainante dell’economia cinese?
È difficile a dirsi perché la ripresa che tutti si attendevano vigorosa, pur nella contraddittorietà dei dati stenta a prendere consistenza. Lo sviluppo dell’economia, anche dopo la pandemia, deve fondarsi sulle realizzazioni immobiliari e sull’esportazione: questi due settori, è stato ripetuto più volte possono, se ben alimentati, produrre ricchezza e consumi interni che a loro volta incrementano sia la domanda di beni importati, sia la ripresa del turismo internazionale.
Il modello cinese con i suoi sottostanti è sempre stato questo come documentato dai risultati annuali del pil (1991-2019); qualche diversione non ne ha intaccato le fondamenta. A corollario per quanto riguarda il fronte governativo si è posta sempre attenzione agli investimenti infrastrutturali.
Infine il mercato azionario nel passato, seppure con situazioni speculative, ha sempre fornito alla popolazione dei consumatori una fonte di reddito. Quante volte è capitato di vedere persone nell’ascensore o per strada che controllavano la situazione di borsa sperando nel segno rosso, che, in Cina, significa guadagno.
Idealmente se questa macchina funzionasse quasi alla perfezione, come ha funzionato negli ultimi quindici anni sino al momento dell’esplosione della pandemia, la creazione e la costituzione di imprese private sia come modelli di sviluppo sia a traino di altre imprese secondo le regole della supply chain avrebbe provocato la crescita della domanda di manodopera e delle funzioni impiegatizie e dirigenziali.
Se questo non avverrà ed alcune imprese non solo straniere ma anche cinesi seglieranno la via di una qualsivoglia delocalizzazione, risulterà evidente che le fonti di impiego andrebbero a rarefarsi e i numeri elencati in premessa prenderebbero sempre più consistenza.
Vi è un dato molto interessante su cui riflettere che spariglia la logica delle imprese di stato (State owned companies o SOE) ed i dati dell’impiego nel settore pubblico: il 90% dei nuovi posti di lavoro sono creati dall’impresa privata.
Lo stallo dell'occupazione ha implicazioni demografiche, come nei Paesi occidentali: i giovani che non hanno una occupazione che permetta loro di vivere dignitosamente non possono nemmeno pensare ad una nuova famiglia e ai figli.
Quali passaggi futuri si possono a questo punto prevedere per la restante parte dell’anno? Dal momento che il trend è risultato inferiore alle proiezioni e alle aspettave degli analisti rispetto ai mesi di aprile e maggio, molto probabilmente a chiusura del primo semestre da parte del governo centrale verrà presa in considerazione la messa a punto di un pacchetto di stimoli che potrebbe riguardare l’acquisto di autoveicoli in prevalenza EV, qualche riduzione alle restrizioni in corso per il mercato immobiliare e più fondi per le infrastrutture.
Si ritornerebbe, in questo caso, ad interventi con l’occhio sempre rivolto al consumo diretto e indiretto. Alimentare il consumo può essere condizione necessaria ma non sufficiente: dopo l’inversione di marcia che ha portato la riapertura della Cina con la declassificazione del Covid ad influenza, non si è ancora ricostruita quella soglia minima della propensione alla spesa in un contesto non temporaneo (legato alle vacanze ) ma di media o lunga durata.
Vengono suggeriti due percorsi: l’uno di passaggio da attività finanziarie con pochi risultati nel mercato azionario e da piattaforme internet a una manifattura improntata ancora una volta su di una spinta innovativa ma soprattutto sulla produzione.
Il secondo percorso riguarda il ristabilire la fiducia con l’occidente in termine di mercato e suoi protagonisti. È di oggi la notizia che Elon Musk, ceo di Tesla, durante la sua visita in Cina ha incontrato il Ministro degli Esteri cinese Qin Gang il quale ha affermato che: «La Cina continuerà costantemente a promuovere un alto livello di apertura verso il mondo esterno con l’impegno di creare le migliori condizioni di mercato, la rule of law, ovvero regole certe ed un ambiente internazionalizzato per le imprese di tutti i Paesi, compresa Tesla».
Oggi si parla di sperimentare nuove alternative nel mondo del lavoro suggerendo ai giovani il settore agricolo (esperimenti in corso nel Guangdong) e microattività in proprio. Ma quanto accaduto con il cambiamento epocale dovuto alla pandemia cui subito ha fatto seguito l’attuale situazione geopolitica sempre in chiaroscuro non può garantire una stabilizzazione dell’occupazione giovanile.
L’ondata dei nuovi comers si troverà di fronte a un orizzonte incerto che tutti si augurano passeggero. (riproduzione riservata)
*presidente di Savino del Bene Shanghai Co. Vive e lavora a Shanghai da 30 anni