L’Unione europea è pronta ad alzare lo scudo contro gli aiuti di Stato alle imprese extracomunitarie. La Commissione ha avanzato ieri una proposta per evitare che aziende controllate o sostenute finanziariamente da Stati extra-Ue possano distorcere la concorrenza nel mercato unico a danno dell’industria europea.
Il piano è contenuto in un documento sottoposto a consultazione pubblica fino al prossimo 23 settembre. Dopodiché, la Commissione presenterà un’iniziativa legislativa che mira a «livellare il campo di gioco» in tre situazioni.
Il primo strumento prevede un rimedio generale contro ogni occasione in cui una compagnia sussidiata da un Paese non-Ue goda di un vantaggio competitivo ingiustificato. In questo caso, previa segnalazione dei soggetti controinteressati, la Commissione stessa o l’autorità di vigilanza potranno imporre all’azienda extra-comunitaria pagamenti compensativi o aggiustamenti strutturali tali da ristabilire l’equilibrio concorrenziale nel mercato unico.
In secondo luogo, la Commissione vuole evitare che attori statali o para-statali stranieri possano aggiudicarsi i bandi europei con offerte fuori mercato o addirittura sottocosto, grazie al supporto pubblico. Queste società potranno essere escluse dalle gare europee se l’autorità competente giudicherà determinante la presenza dei finanziamenti pubblici ai fini dell’aggiudicazione dei bandi. Questa norma andrebbe a colpire in particolare i grandi gruppi pubblici cinesi coinvolti soprattutrto in Europa dell'est nei grandi progetti infrastrutturali, tra cui la ferrovia Budapest-Belgrado, finanziata per l'85% da China Exim-bank, per cui il governo ungherese ha già stanziato 235 milioni di euro sul budget 2020.
Infine, la proposta riconosce alla Commissione un potere di veto sull’acquisizione di compagnie europee da parte di concorrenti che beneficiano del supporto economico di governi extra-europei. In tale circostanza, se ritiene il finanziamento pubblico determinante per la riuscita della scalata, Bruxelles potrà chiedere l’eliminazione degli effetti distorsivi della concorrenza o, al limite, proibire la conclusione dell’affare.
Quest’ultimo, all’evidenza, è lo strumento più importante del pacchetto proposto dalla Commissione. E anche il più delicato. Il documento non distingue infatti la natura dell’offerta, ostile o amichevole, da parte dell’attore extra-comunitario. Ciò che conta è che il sostegno pubblico abbia consentito alla società di presentare una proposta economicamente superiore a quelle della concorrenza. Quindi, in ipotesi, la Commissione potrebbe bloccare l’acquisizione di una compagnia italiana da parte di un’impresa sussidiata dalla Cina, anche se concordata fra le parti, purché ravvisi una lesione della concorrenza.
La proposta è stata, del resto, dai più interpretata come uno scudo anti-Pechino opposto da Bruxelles a eventuali acquisizioni opportunistiche di asset europei da parte di colossi pubblici cinesi. In realtà, lo strumento avrebbe applicazioni ancor più penetranti. Potrebbe per esempio riguardare le imprese britanniche dopo la Brexit. Fra i sussidi statali indebiti alle imprese, inoltre, la Commissione cita anche i regimi fiscali di favore. Quindi, anche le società sedicenti europee ma con sede in paradisi fiscali, tra cui Cayman e Bermuda, potrebbero vedersi proibire l’acquisizione di aziende Ue. (riproduzione riservata)