Ha destato clamore la notizia della chiusura permanente di uno dei pluri rinomati ristoranti di Shanghai: Hakkasan, regno della moderna cucina cinese, con un tocco di tradizione accompagnata dalla libertà fusion, in un contesto di skyline (il Bund), il tutto coronato dalla perfezione del servizio.
Il primo ristorante era stato aperto da Alan Yau a Londra nel 2001 cui ne avevano fatto seguito una quindicina nelle località più blasonate del mondo.
Il comunicato che annuncia la chiusuira termina con: “It’s a great loss and absolute damn shame (E’ una perdita importante ed una assoluta maledetta vergogna )“.
Questo finale racchiude il pensiero da rivolgere al Covid 19 ma nello stesso tempo comprendere che in questo momento la nostra inanità è quasi totale. Il settore della ristorazione come quello del turismo sta soffrendo in modo totalizzante questa esperienza.
A conferma, da una recente indagine conoscitiva ideata da Nominfuence su di un campione di 488 frequentatori della ristorazione e bar a Shanghai è emerso che meno del 75% degli intervistati pensa che non sia sicuro andare al ristorante o bar e solo il 51% ha frequentato i locali una volta alla settimana; il 58% è ritornato a cucinare in casa ed il 24% preferisce il delivery a casa propria.
In termini di ricavi il 63% ha accusato una perdita tra il 30 e 60% rispetto al medesimo periodo dello scorso anno e solo un 4% conferma i ricavi del 2019. Per finire un 49% stima ottimisticamente che si possa ritornare alla normalità nel prossimo luglio.
Si può obiettare a questi dati motivando il fatto, ed io stesso ne sono testimone quotidiano, che il traffico cittadino attorno alle tangenziali di Shanghai è ritornato a livelli precrisi e quindi i potenziali consumers che ogni giorno si avvicendano in città dovrebbero dare seguito alla “ evenge spending”, locuzione creata recentemente dagli analisti di marketing.
L’esempio della scorsa settimana della riapertura nel flagship store di Hermès a Canton con un incasso di 2.550.000 dollari in una giornata assumerebbe poi il significato poi di una apoteosi spendereccia.
Purtroppo non sarà cosi in quanto il dato del calo del Pil in Cina dei primi tre mesi del corrente anno, pari al -6,8%, non fa ben sperare.
Il secondo postulato ci fa pensare che le stime del GDP cinese per l’anno corrente oscillino tra l’1,2% secondo le previsioni del FMI e il 2,5% della People Bank of China, a condizione che, da luglio, vi sia una ripresa di base.
Se così fosse, si dovrebbe mantenere un mercato domestico con un forte calo delle esportazioni che avrebbe ripercussione sul livello dell’occupazione.
La classe media, come ricordato più volte, è composta da 400 milioni di persone che vivono e lavorano prevalentemente nelle grandi città, incluse quelle di seconda e terza fascia.
Queste persone o nuclei familiari avevano programmato la propria vita in relazione alle entrate mensili tenendo presente tre voci importanti: l’acquisto della casa con conseguente accensione di un mutuo, l’educazione dei figli e l’eventuale acquisto dell’autovettura. Rimanevano poi le spese voluttuarie attraverso l’e-commerce oppure i viaggi programmati annualmente con risparmi significativi sui pacchetti turistici.
Le somme destinate al risparmio erano già diminuite soprattutto dal momento in cui gli investimenti nel mercato azionario di Shanghai e Shenzhen non avevano offerto i ritorni degli anni precedenti quando l’indice medio era attorno ai 6000 punti.
Il calo dell’export e di una parte di import (le stime sono del 9,5% prevalentemente nel settore della componentistica per auto, dei tessuti per la moda e dell’elettronica) porterà ad un incremento della disoccupazione o del non conseguimento di bonus aziendali.
La famiglia media dovrà reinventarsi una propria lunghezza d’onda che possa da un lato garantire la copertura delle spese primarie (in Cina non sono state sospese le rate dei mutui e le scuole hanno prospettato aggiustamenti minimi al ribasso delle tution fees).
Anche l’indagine della Morgan Stanley Bank della settimana scorsa su un campione di 2000 intervistati conferma una bassa propensione alla spesa e solo un 25% dichiara l’intenzione a spendere e socializzare nelle prossime settimane. Le voci di spesa in oggetto sono cibo e abbigliamento ma vengono esclusi i viaggi e i beni di lusso, specialmente fashion, e i beni elettronici.
Per puntualità di informazione, esiste una categoria all’interno della classe media che appartiene a coloro che avevano iniziato a lavorare nelle aziende e, dopo qualche anno, hanno costituito una propria società: questa categoria sarà fuori dal mercato.
Come poter equilibrare i consumi con una reale diminizione della disponibilità all’acquisto da parte della classe media?
Uno spunto di rilievo viene dalla lettera di Giorgio Armani, pubblicata sul Corriere della Sera dell’8 aprile scorso: «L’emergenza attuale dimostra invece come un rallentamento attento ed intelligente sia la sola via di uscilta. Il lusso non può e non deve essere fast. Ho sempre creduto a un’idea di eleganza senza tempo che non è solo un preciso credo estetico ma anche un atteggiamento nella progettazione e realizzazione dei capi che suggerisce un modo di acquistarli: perchè durino».
Tutti stanno riflettendo su quanto si è corso negli scorsi anni per raggiungere un traguardo fatto di obiettivi che oggi si sono rivelati fallaci ed effimeri dimostrandone la loro precarietà.
Non si tratta di abiurare completamente quanto è stato fatto ma ripensarlo in una dimensione diversa. Questo forse significa, per esempio, nel settore della moda di ripensare il modello della filiera riportandolo in Italia, come era stato accennato dal Presidente della Camera della Moda, Carlo Capasa, qualche settimana fa.
L’ovvia conseguenza è che si trasporterà di meno ed alcune realtà produttive dovranno riconvertirsi o scomparire. L’equilibrio delle attività dovrà diventare una regola anche perchè il precedente disequilibrio ha di mostrato di non reggere all’imprevedibilità del Covid 19 che secondo stime ormai concordi o in forma diretta o indiretta durerà per un lungo periodo sino a quando un vaccino potrà sconfiggerlo a meno di continue e repentine mutazioni.
* managing director a Shanghai di Savino Del Bene, azienda di trasporti internazionali e logistica. Vive e lavora in Cina da oltre 25 anni