MENU
Azienda Agricoltura

Al terzo posto il vino italiano in Cina, ma i consumi crollano

A un prezzo medio di 6 dollari al litro, il prodotto made in Italy è dietro a Francia e Cile. I più venduti sono i rossi con appassimento, Valpolicella, Amarone, le etichette pugliesi e del centrosud, specie siciliane. I bianchi, eccetto le bollicine, cominciano ad entrare adesso nel mercato


18/04/2024 16:43

di Antonino D'Anna - Class Editori

settimanale

Il vino italiano in Cina è al terzo posto tra quelli graditi e consumati nell’ex Celeste Impero; piace molto alle donne fra i 30 e 50 anni; viene bevuto rosso e ben strutturato. E si sta riavendo dalla pandemia; il prossimo semestre sarà decisivo per farsi conoscere.

È questa l’analisi emersa il 15 aprile scorso al Vinitaly, edizione numero 56, nell’incontro su «Cooperazione & Creazione: forum per l’espansione delle cooperative vinicole italia e nel mercato cinese», organizzato in collaborazione tra Confcooperative e Irecoop Veneto, WineMeridian.com, WineIta.com e TheWineNet.com.

Bacco tricolore è di casa in Cina da una decina d’anni, ha spiegato Li Jing, responsabile mercato Cina di Irecoop Veneto, che parla a margine dei lavori: «Nel corso degli ultimi dieci anni il vino italiano ha avuto gradualmente successo, infatti occupa dal 2021 il terzo posto alle spalle di Francia e Cile e prima della Spagna. Prima del 2021 l’Italia era dietro l’Australia». Il concorrente più agguerrito è la Francia, che ha etichette più conosciute e facili da vendere.

Il consumatore medio cinese, che compra vino italiano, è ricercato e attento, vuol conoscere bene l’etichetta e la sua storia. Ancora: in Cina vino italiano vuol dire rosso, per natura e stile di vita dei cinesi. Soprattutto quelli con appassimento, come Valpolicella, Amarone, le etichette pugliesi e del centrosud, specie siciliane. I bianchi, eccetto le bollicine, cominciano ad entrare adesso nel mercato. Che spesso è in rosa, essendo rappresentato oggi da donne, in particolare fra i 30 e i 50 anni d’età, con indipendenza economica e professionale.

La Cina ha importato fino al 2021: malgrado il Covid il mercato ha tenuto, ma nel 2023 Pechino ha riaperto le frontiere sperando che il mercato si riprendesse subito. Non è accaduto: sono tempi duri ma si spera nella ripresa nel secondo semestre. Bisognerà lavorarci, perché gli importatori stanno svuotando i depositi di annata 2022. Irecoop è una delle poche realtà italiane che durante la pandemia è rimasta a presidiare il settore.

Rebecca Wang è la direttrice esecutiva di Wineita.com ed è una wine blogger molto seguita nel suo Paese: «Negli ultimi 10 anni», ha raccontato a ItaliaOggi, «il vino italiano è cresciuto costantemente, sia come quota di mercato che prezzo medio. Meglio di 10 anni fa, ma ha ancora molta strada da fare». E sottolinea: «Il prezzo medio del vino italiano importato in Cina nel 2023 è di circa sei dollari al litro; non è molto economico, ma nemmeno troppo alto, se paragonato al vino francese. È un prodotto di livello per tutti i clienti, e ci si aspetta personalità, varietà, buon rapporto qualità/prezzo».

Il valore del vino importato è leggermente sceso col Covid, ma se guardiano a Francia, Spagna, Cile, si osservano cali più sensibili. «Penso», conclude Wang, «che il mercato si stia riprendendo: per il vino italiano si tratta di fare più promozione per farsi conoscere».

Parola, infine, a Daniela Galante, di Confcooperative Veneto: «Conta trasmettere la parte commerciale, ma anche quella di passione e anima dei nostri prodotti; a questo i cinesi tengono molto». (riproduzione riservata)


Chiudi finestra
Accedi