Beyond Meat, società californiana con lo spirito green, nata nel 2009 e specializzata nella carne a base di proteine vegetali, sta completando in questi giorni i lavori per l’apertura a gennaio a Jiaxing, una delle aree industriali nella Provincia dello Zheijang, di una fabbrica tecnologicamente avanzata. Una seconda unità produttiva, nella stessa provincia, verrà aperta entro il 2021.
Quale sarà l’accoglienza in Cina di questo nuovo prodotto che si propone di rivoluzionare il mercato dei consumatori nel mondo? È davvero un mezzo per la salvazione del nostro ecosistema come valida alternativa al consumo di carne animale o è una mossa ben studiata di strategia industriale?
In Cina la carne vegetale di Beyond Meat viene già distribuita da Starbucks, KFC e, nel retail, da Metro, Frehshippo e Hypermarket. Una porzione di lasagna vegetale denominata da Starbucks “Beyond beef – Classic lasagna”, provata negli scorsi giorni, viene venduta al pubblico ad un prezzo di 6,3 euro che equivale al prezzo di altre monoporzioni che contengono carne vera. Il successo non sembra mancare visto l'inverstimento che la società si appresta a fare.
La carne a base di proteine vegetali in Cina non è una novità assoluta. Omnifood, con sede ad Hong Kong, è specializzata nel sostituto della carne di maiale. Z- Rou, fondata a Shanghai l'anno scorso, e più recentemente Starfield, ubicata a Shenzhen nella provincia del Guangdong si sono focalizzate nella produzione di carne di pollo vegetale sia collaborando con la catena Dicos per la produzione del Chicken burger sia lambendo il gusto della provincia dell’Henan con gli snack di soia conservata che accompagnano il “Chinese-style barbecue”.
Ci sono due livelli di lettura di questo nuovo fenomeno che andrà a modificare il gusto dei consumatori. Il primo riguarda presunta salvazione ambientale. Si afferma che utilizzando le proteine vegetali si dovrebbero ottenere risultati molto incoraggianti sul fronte dei consumi e delle emissioni. L’Università del Michigan, a proposito di Beyond Meat, ha stimato un risparmio, nella produzione di un beef burger standard di 113 grammi, del 99% nel consumo di risorse idriche, un 93% nello sfruttamento del territorio, un 46% nel consumo di energia ed infine un 90% in quello delle emissioni.Sono risparmi sufficienti ad intaccare quello che sta avvenendo nel mondo in termini di un omnicomprensivo impoverimento ambientale? Cesserà la deforestazione amazonica per far fronte a piantagioni di soia ed allevamenti intensivi di bestiame o a quanto si sta compiendo in Indonesia con la piantumazione di piantagioni di palme per la produzione del famoso olio a detrimento di foreste primarie oppure riguarderà solo alcune regioni del mondo?
Un esempio di geografia globale relativa alla localizzazione agricola riguarda la cucina cinese a base di soia che ha una lunga tradizione e che quindi può essere considerata propedeutica al consumo della carne vegetale fatta di proteine di soia e di piselli, olio di cocco e di girasole e leghemoglobina di soia, addizionato con sapori che conferiscono al prodotto un gusto similare, ma non intenso, a mio gusto, alla carne originale.
Dai dati ufficiali governativi emerge che solo 20 milioni di tonnellate di soia prodotte in Cina servono alla tradizionale preparazione dei cibi locali, fra cui il tofu nelle diverse gradazioni aromatiche, mentre dagli Stati Uniti, in Sud America e Africa, ne sono state importate tra gennaio e novembre di quest'anno ben 93 milioni di tonnellate, quale materia prima per la produzione del mangime per maiali con un conseguente consumo di 45 milioni di tonnellate di carne suina, il dato più alto nel mondo come pubblicato dalla FAO. Quindi le risorse consumate provengono da continenti diversi con un impatto ambientale delocalizzato rispetto alla Cina.
Il secondo livello di lettura è quello rappresentato dall’ultimo film di George Clooney, Midnight Sky, dove nell’apocalittico 2049 sarà impossibile vivere sulla terra, ammorbata di inquinamento e malattie. Solo fantascienza o un invito esplicito a uno sforzo nel prendere subito provvedimenti tra cui un diverso modo di consumare cibo?
In Walden, un libro scritto nel 1854 da Henry Thoreau, americano, che appartiene alla corrente degli autori che avevano come motto “Costruisciti un mondo tutto tuo“ l’essenzialità non significa privazione. Questa corrente filosofica-letteraria aveva offerto gli spunti negli anni sessanta agli hipsters, ovvero coloro che volevano tornare a forme naturalistiche della convivenza sociale.
Oggi non siamo, a differenza di allora, fanatici di vagheggiamenti retrò, ma di fronte ad una situazione di climate change che se non risolta, causerà per la nostra e per le prossime generazioni problemi conflittuali di esistenza.
Alain Ducasse, il grande chef francese sensibile alla cucina vegetale, in una intervista durante l’ultimo suo viaggio a Hong Kong nel marzo del 2019 aveva affermato che, su circa otto miliardi di popolazione mondiale, almeno un quarto, quindi due miliardi, non ha un'alimentazione sufficiente, menttre altri due miliardi soffrono di obesità manifesta, e che le scelte per una sana cucina priva di sale e di proteine animali sono in linea con i principi che hanno caratterizzato la sua filosofia professionale.
Solo in Cina, la National Health Commission afferma che l’obesità è in continua crescita e registra sovrappeso nel 30% degli adulti, mentre tra gli adolescenti tra i sei e i 17 anni, la percentuale è del 19% e del 10% per i bambini sotto i sei anni.
Possiamo sacrificare il piacere di una fiorentina o di un carrello di bolliti o perfino di un hamburger tradizionale con l’utilizzo della carne vegetale? Una visione da “piccolo è bello” nel localismo della carne di qualità, allevata secondo programmi di compatibilità ambientale e sanitaria, dovrà sempre esistere per mantenere le tradizioni, a patto che effettivamente ci si muova nella direzione corretta e non come Ebenezer Scrooge, l’avido protagonista di Canto di Natale di Charles Dickens. (riproduzione riservata)
*managing director a Shanghai di Savino Del Bene, azienda di trasporti internazionali e logistica. Vive e lavora in Cina da oltre 25 anni