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Azienda Agricoltura

La febbre suina sconvolge il mercato della carne in Cina

L'abbattimento di un terzo della produzione di maiali e la chiusura dei piccoli mangimifici per problemi ambientali sta provocando una crisi di offerta e forti pressioni sui prezzi nella filiera internazionale per la produzione di carne con aumenti record che, in Cina, a fine anno, potrebbero arrivare al 70%. Ma l'export italiano, che potrebbe trarre giovamento dalla situazione, è fermo


04/10/2019 13:20

di Marco Leporati*

maiale

Quello in corso in Cina è l’anno del maiale che rappresenta la prosperità e l’abbondanza come vuole un detto della tradizione, «il mangiare una grande scodella di carne di maiale». Ma, paradossalmente, proprio a causa questa tipologia di carne si stanno acuendo problemi endogeni, con una ripercussione a effetto domino su paesi terzi, e sull'economia in generale.

Quest'anno gli abbattimenti di maiali, quasi un terso del totale, per tamponare gli effetti della febbre suina, sta avendo effetti importanti anche sulla domanda di carne avicola e bovina, oltre che suina. 

La situazione è aggravata dal fatto che, sul fronte dell’alimentazione dei suini, a partire dal 2016, sono state chiuse in Cina per motivi ambientali,  almeno 150 mila piccole aziende per la lavorazione dei mangimi, situazione che ha spinto gli allevatori a cercare  approvvigionamenti al di fuori dei confini nazionali.

Ma da mesi i maggiori produttori di soia, Stati Uniti e Canada, sono restii a soddisfare la loro domanda, per problemi politici: per gli Stati Uniti la contesa sui dazi, per il Canada le vicende Huawei.

I buyers cinesi si  sono rivolti allora a paesi europei ed extraeuropei per acquistare, pur a prezzi elevati, il prodotto disponibile. E, come in tutte le negoziazioni, i produttori hanno preferito vendere agli acquirenti cinesi a discapito del soddisfacimento dei loro rispettivi mercati domestici dove si è verificata una folle lievitazione dei prezzi: dagli Sati Uniti alla Gran Bretagna per arrivare sino all’Argentina e l’Australia.

Le dimensioni del problema si possono immaginare tenendo conto che nel 2018 la Cina ha consumato quasi 56 milioni di tonnellate di carne di maiale (29,8 kg procapite), molto di più dell’aggregato del consumo mondiale. Questo consumo è stato soddisfatto dall’allevamento sino al 2018 di circa 700 milioni di maiali, il 95% della produzione interna.

La febbre suina che ormai ha colpito 32 province cinesi, ha importo l'abbattimento di 200 milioni di capi, il 32% del totale (le statistiche, allo scorso agosto, non sono completamente omogenee) mettendo a rischio l'attività di 26 milioni di allevatori.

È, quindi, prevedibile che il prossimo anno chiuderanno migliaia di piccole aziende sia per la produzione di mangimi che di allevamenti a favore di una concentrazione di grandi conglomerati che stanno anche pensando di attivare nuovi insediamenti in Vietnam.

La produzione avicola, sempre per il 2018 è stata di 12 milioni di tonnellate, 7 milioni quella di anatre, 6,5 milioni per la carne bovina e 4,7 milioni di  carni ovine, mentre la produzione di itticoltura e molluschi è stata di 49 milioni di tonnellate.

I consumi cinesi sono stati coperti, sempre nel 2018, importando 818 mia tonnellate di carne suina, 700 mila di carne bovina e 350 mila di prodotti avicoli. Argentina, Brasile e Uruguay sono stati i maggiori esportatori verso la Cina di carni bovine, mentre quelle suine sono arrivate, soprattutto, da Germania, Spagna e Canada. Va tenuto anche presente che gli Stati Uniti sono il secondo produttore mondiale di carne suina e il Canada è in sesta posizione.

D'altra parte le importazioni di carne congelata sono limitate dalle insufficienti strutture di celle frigorifere e trasporti camionistici con termoking che ne limitano la gestione distributiva di carni importate, mentre il trasporto del fresco appena macellato di produzione domestica generalmente non è soggetto a stretti controlli.

Quanto sta accadendo  ha provocato un aumento dei prezzi che negli ultimi mesi ha raggiunto il 46,7% ad agosto (anno su anno) e il Ministro dell’Agricoltura cinese teme che possa arrivare al 70% entro la fine dell’anno. Poichè nel paniere del CPI Consumer Price Index) la carne di maiale vale 100 punti, l’inflazione è giunta ad agosto al 2,8%, il picco più alto rispetto al passato  (China’s National Bureau Statistics ) e le stime prevedono un 3% anche calcolando di riflesso gli aumenti meno consistenti degli altri comparti della carne dove i consumatori si stanno dirottando. I prodotti alimentari nel paniere per il calcolo dell’inflazione sono passati dal 9,1% al 10%.

Il Governo Centrale sta pensando di utilizzare le proprie riserve riserve di carne di maiale congelata, 13 milioni di tonnellate, che tuttavia non possono risolvere questo annoso problema.

Questo contesto sta ponendo diversi interrogativi in primo luogo sulla necessità di riorientare il consumo di carne in relazione alla salute ed all’eventuale insorgere di malattie cardiovascolari e tumorali senza trascurare le problematiche ambientali specialmente relative al Brasile dove la foresta primaria sta assumendo la connotazione di una savana  priva di alberi. La perdita del 25% di queste foreste primarie avrà conseguenze irreversibili sulla capacità di assorbimento del carbone dall’atmosfera e la produzione di ossigeno.

In questa situazione, che potrebbe creare buone opportunità per l'export italiano, i numerti segnalano, invece, una situazione di stallo per quanto concerne la negoziazione dei prezzi di vendita.

* managing director a Shanghai di Savino Del Bene, azienda di trasporti internazionali e logistica. Vive e lavora in Cina da oltre 25 anni.

 


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