L'export di prodotti alimentari italiani in Cina sta subendo un vistoso rallentamento a causa di un calo della domanda di prodotti alimentari d'importazione, aggravata dall’esodo biblico degli espatriati che nell’ultimo anno ha toccato punte massime, dai ritardi nelle spedizioni, ma soprattutto da nuove barriere commerciali entrate in vigore da gennaio scorso. La conseguenza è che gli stock dei negozi si stanno esaurendo e formaggi e insaccati italiani si trovano con difficoltà sugli scaffali di supermarket e minimarket cinesi.
Fanno eccezione le bevande, vino, acque minerali e liquori che non hanno subito cali rilevanti nei consumi se non quelle generate per il vino da procedure più lunghe di sdoganamento e trasporto.
Il fenomeno è in controtendenza con quanto è accaduto l'anno scorso, quando l'export di prodotti lattiero caseari italiani in Cina è cresciuto del 18% rispetto all’anno precedente, secondo i dati del XIII rapporto pubblicato recentemente dalla ICCF (Italy China Council Foundation).
«Una delle ragioni di questo rallentamento è la registrazione obbligatoria da parte dei fornitori entrata in vigore in gennaio (Decree of General Administration of Customs of the People’s Republic of China No. 248 del 12 aprile 2021, ndr) con la quale si stabilisce che ogni prodotto esportato in Cina sia registrato in un sito della Dogana cinese e sia provvisto di un'etichetta con le informazioni dettagliate richieste dalla stessa Dogana», ha spiegato Massimiliano Bertotti, general manager di Inalca Cina, società leader del gruppo Cremonini, specializzata nel food service, «una volta entrato nel territorio cinese quel prodotto sarà oggetto di tracciamento rafforzato dalle diverse app fino al luogo di consegna con riscontro, sempre attraverso app, da parte del ricevitore».
«A causa della tracciabilità è molto difficile reperire prodotti lattiero caseari e insaccati nonchè prodotti ittici», ha confermato Roberto Bernasconi, titolare e chef del ristorante italiano Porto Matto di Shanghai, «che sono classificati in una speciale soglia di attenzione in quanto tracce di Covid sono state trovate specialmente nei tranci di salmone congelato giunto in Cina nell'estate 2021».
Molte piccole-medie aziende italiane hanno rinunciato alla registrazione nonostante alcuni operatori, tra cui Inalca, abbiano messo a disposizione consulenti per agevolare le pratiche, che risultano comunque farragginose perché le app cinesi variano a seconda della provincia e rischiano di non inanellarsi nel sistema del Big Data.
La realtà è che molti esportatori, soprattutto pmi, guardano oggi al mercato cinese con un occhio meno positivo che in passato, anche a causa di una relativa scarsità di prodotto per la siccità in Italia e delle difficoltà di trasporto che si riverberano sui tempi di consegna.
L'export di pomodori pelati, per esempio, risente sia della scarsità di raccolto sia della disponibilità di latte per il confezionamento, che venivano prodotte in Ucraina, mandate in Cina per il taglio e l’assemblaggio e poi rispedite in Italia.
Le carni fresche, che prima venivano direttamente utilizzate una volta importate, oggi devono essere processate in Cina per il taglio e il confezionamento porzionato con rilascio di certificazione di qualità e di garanzia anticovid, secondo le ultime disposizioni.
I produttori più forti si stanno perciò attrezzando per produrre localmente. Inalca ha incominciato a confezionare prosciutti importando dall’Italia le cosce suine da processare con salatura e stagionatura, con buoni risultati di qualità, anche se, causa della peste suina, le importazioni di carne suina dall’Italia sono sospese fino a fine dicembre, inficiando il protocollo siglato nel 2019 che prevedeva l’entrata in questo mercato delle carni italiane.
L'impressione è che la Cina, con queste normative, voglia creare una linea di demarcazione tra prodotti importati di qualità, che rappresenterebbero solo una nicchia del corposo mercato alimentare, e prodotti medi più disponibili localmente grazie anche alle produzioni delle multinazionali attive in Cina con una gamma di prodotti testati globalmente. (riproduzione riservata)
*presidente di Savino del Bene Shanghai Co. Vive e lavora a Shanghai da oltre 25 anni