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Azienda Agricoltura

Vinitaly, è boom (+76%) per il vino italiano in Cina nei primi 6 mesi

Lo ha detto Giovanni Mantovani, direttore generale di VeronaFiere, organizzatrice dei recenti roadshow di Vinitaly a Pechino, Qingdao e Chongqing che hanno visto la presenza di 1.800 operatori. La quota di mercato del vino italiano nel Dragone è risalita, dopo molti anni, oltre il 10% ed è la terza dopo Francia e Cile


27/09/2021 19:12

di Pier Paolo Albricci - Class Editori

settimanale
Giovanni Mantovani, direttore di VeronaFiere

Oltre 1800 operatori della domanda cinese di vino, una settantina gli espositori italiani, il 40% in più sulla prima edizione, in rappresentanza delle più importanti cantine italiane. Si è chiuso nei giorni scorsi in Cina il Vinitaly Roadshow (13-17 settembre), una maratona enologica tricolore tra le città di Pechino, Qingdao e Chongqing, che ha registrato un interesse senza precedenti per il vino italiano nel paese del Dragone.

"In Cina è il momento del vino italiano - ha detto il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani - e anche Vinitaly accelera: dopo il road show sarà la volta di Shenzhen, con Wine to Asia ai primi di dicembre, con l`obiettivo di assecondare una crescita importante dell'export italiano. Complici anche i super-dazi comminati all'Australia, l`incremento del vino made in Italy nel primo semestre si è infatti attestato a +73%, con la quota di mercato del vino tricolore che torna in doppia cifra (10,4%.) per la prima volta dopo tanti anni. Oggi l'Italia - ha concluso Mantovani - è il terzo fornitore nel colosso cinese, dopo Francia e Cile".

"Con Wine to Asia ad agosto, il Vinitaly China Roadshow di settembre e la Vinitaly special edition di ottobre abbiamo messo in campo una campagna senza precedenti di reclutamento buyer e di comunicazione targata Ice-Veronafiere» ha spiegato Mantovani, «l'obiettivo è sfruttare una congiuntura che può rivelarsi molto favorevole per il Made in Italy nel Dragone: i super-dazi di Pechino nei confronti dell'Australia, con il conseguente annullamento del principale fornitore, hanno lasciato sul mercato quote fondamentali che ridisegneranno la presenza dei player mondiali di vino in Cina. La sfida è intercettare il più possibile questa voragine di mercato, unitamente al fenomeno di revenge spending post-Covid che si riscontra in Cina».

Sulla base dei dati dell'Osservatorio Wine Nomisma-Vinitaly,relativi al primo quadrimestre, in Cina il crollo australiano (-80% a valore sul pari periodo 2020) ha determinato crescite a doppia cifra di tutti i competitor, come era stato anticipato da questa piattaforma, con l'import italiano a +22%. Meno della Francia (+41%), protagonista di un autentico boom degli Champagne (+110%). La domanda cinese si sta anche aprendo agli sparkling nel post-emergenza, è il dato di crescita delle bollicine: +75% nel primo quadrimestre, a fronte di un -15% dei fermi. Per i vini italiani, rileva l'Osservatorio, sono in netta crescita quelli di fascia premium con i fermi (85% dell'import dal Belpaese) che crescono del 19% a valore e di appena il 2% a volume, denotando così un incremento significativo del prezzo medio. (riproduzione riservata)


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