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Azienda Energetico

Bitcoin, la Cina chiude ai miners, consumano troppa energia

Il comitato per la stabilità e lo sviluppo finanziario ha promesso di reprimere l'estrazione e impedire il trasferimento del rischio individuale all'intera società. Sulla stessa strada anche l'Olanda. La Cina incide per il 65% sul tasso di hash rate mondiale di bitcoin, secondo il Cambridge Bitcoin Electricity Consumption Index (CBECI)


14/06/2021 15:38

di Elena Dal Maso - Class Editori

Bitcoin

La Cina sta stringendo sempre più le maglie attorno alle cripto. Le autorità provinciali dello Yunnan, l'ultima regione ad aderire alla repressione del Paese sulle valute digitali, hanno ordinato un'indagine sul presunto uso illegale di energia elettrica da parte di individui e società coinvolte nell'estrazione di Bitcoin. Lo riporta il China Securities Journal.

Lo Yunnan Energy Bureau ha avvisato che taglierà l'alimentazione a chiunque utilizzi illegalmente l'elettricità per l'estrazione di Bitcoin e agli utenti che cercano di eludere le bollette dell'elettricità. Le autorità chiuderanno anche le operazioni di mining che potrebbero rappresentare un rischio per la sicurezza legato al consumo di energia. Questa regione, al quarto posto in Cina in termini di hash rate di bitcoin, una misura della potenza di calcolo della rete, ha avvertito che chiuderà qualsiasi società che violi le nuove regole. Anche la Mongolia interna, lo Xinjiang e il Qinghai hanno emesso avvisi simili per chiudere parte o tutte le miniere nelle loro regioni.

La Cina incide per il 65% sul tasso di hash rate mondiale di bitcoin, secondo il Cambridge Bitcoin Electricity Consumption Index (CBECI). Lo Xinjiang da solo ne rappresenta quasi il 36%, con il Sichuan e la Mongolia interna rispettivamente al secondo e al terzo posto. Lo Yunnan è al quarto posto, con il 5,42% del tasso di hash rate mondiale. Pechino ha detto che intende ridurre le emissioni di anidride carbonica di almeno il 65% entro il 2030, rispetto ai livelli del 2005, per poi raggiungere la neutralità carbonica entro il 2060. E in questo senso va inserita la guerra del governo alle cripto.

L'industria provinciale e le autorità informatiche della regione del Qinghai hanno ordinato la chiusura delle miniere di bitcoin mercoledì scorso e hanno anche vietato ad aziende come data center, parchi industriali e centrali elettriche di fornire energia a progetti legati alla criptovaluta, secondo una nota citata dall'agenzia statale Xinhua.

L'avviso è stato emesso dopo che il presidente cinese Xi Jinping ha visitato la provincia, dove ha sottolineato l'importanza della protezione ambientale.
La Mongolia interna, ricca di combustibili fossili, ha iniziato a cacciare i minatori a febbraio e ha chiuso 35 società minerarie di bitcoin alla fine di aprile. I funzionari della provincia dello Sichuan, che fa affidamento sull'energia idroelettrica, hanno tenuto un incontro sull'estrazione di cripto all'inizio di questo mese, ma non hanno preso ancora una decisione.

Lo Yunnan è la seconda provincia produttrice di energia idroelettrica della Cina, spiega il South China Morning Post. La decisione appena presa arriva nel mezzo di una campagna di repressione da parte della direzione centrale di Pechino sul mining di bitcoin e sulle criptovalute in generale. Il comitato per la stabilità e lo sviluppo finanziario del Consiglio di Stato ha preso di mira per la prima volta le imprese di estrazione di bitcoin il mese scorso, affermando che "avrebbe represso l'estrazione... e impedito il trasferimento del rischio individuale all'intera società".

Intanto questa mattina il bitcoin si assesta a 36.892 dollari, contro un massimo negli ultimi cinque giorni di 37.169 dollari. Il fondatore di Tesla, Elon Musk, ha scritto su Twitter che "quando ci sarà conferma di un ragionevole (attorno al 50%) utilizzo di energia pulita da parte dei miners con un trend futuro positivo, Tesla riprenderà ad accettare transazioni in cripto".

Sull'uso e abuso di energia elettrica da parte delle cripto si è espressa anche l'Olanda. L'estrazione di bitcoin utilizza circa 111,5 terawattora all'anno, secondo l'ultima stima dell'indice CBECI, più dell'energia totale annuale utilizzata dai Paesi Bassi. "Il governo deve vietare il Bitcoin e altre criptovalute", ha detto il responsabile dell'ufficio centrale del Central Planning Bureau olandese, Pieter Hasekamp, a Het Financieele Dagblad. Hasekamp ritiene che "un crollo delle criptovalute sia inevitabile e che i Paesi Bassi dovrebbero agire il prima possibile. Per gli investitori e per i governi, l'ultima persona ad agire è il perdente. I Paesi Bassi devono ora vietare il bitcoin", ha scritto Hasekamp in un saggio pubblicato sul giornale. (riproduzione riservata)


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