Fabbriche chiuse, abitazioni illuminate solo con luce naturale, divieto di far funzionare il microonde in casa. La Cina sta razionando notevolmente l'uso delle fonti energetiche mentre su un altro fronte cerca di portare ad un fallimento controllato Evergrande, il gigante immobiliare da 304 miliardi di dollari di debiti.
Secondo il Nikkei, ieri i fornitori di Apple e Tesla hanno interrotto la produzione in alcuni dei loro siti in Cina. Le strutture di Foxconn a Longhua, Guanlan, Taiyuan e Zhengzhou, il più grande complesso di produzione di iPhone al mondo, non sono al momento state interessate dalle restrizioni sull'alimentazione, ma diverse società più piccole stanno iniziando a informare la borsa di aver ricevuto l'ordine di frenare o fermare le attività.
Intanto, China Petroleum & Chemical Corp, colosso statale noto come Sinopec, ha acquistato almeno 13 carichi di gas (GNL, gas naturale liquefatto), una delle più importanti operazioni negli ultimi mesi, secondo quanto riporta Bloomberg. Le spedizioni sono state effettuate con ampi premi rispetto ai prezzi verso l'Europa, segnale che la Cina è disposta a pagare di più per il carburante mentre la crisi energetica si approfondisce. Il gas naturale oggi scambia in rialzo del 3% a 5,3 dollari, quasi il doppio di un anno fa, era a 2,7 dollari. Il ritorno della Cina sul mercato potrebbe spaventare gli altri acquirenti in Asia e innescare acquisti dettati dal panico mentre i rivali si contendono le forniture prima che i prezzi aumentino ulteriormente, nota Bloomberg.
La crisi energetica sta iniziando a spostarsi dalle fabbriche alle case, con gli abitanti delle province settentrionali già colpiti da blackout, un fatto che sta creando rischi di instabilità sociale che si aggiungono alla probabilità di un rallentamento economico e al problema Evergrande. Le fabbriche cinesi consumano direttamente la maggior parte del gas importato nel Paese, sia come materia prima che per il riscaldamento. Il carburante genera solo una parte relativamente piccola dell'elettricità del paese, fornita soprattutto dal carbone e dall'energia idroelettrica. Il risultato finale potrebbe essere una carenza di tutto, dai tessili ai componenti elettronici, che potrebbe intaccare le catene di approvvigionamento e i profitti di grandi e piccole imprese, non solo in Cina.
Nel Jiangsu, una provincia vicino a Shanghai con un'economia quasi grande come quelle del Canada, le acciaierie hanno chiuso e alcune città hanno spento i lampioni. Nel vicino Zhejiang, 160 aziende ad alta intensità di energia, comprese quelle tessili, sono state chiuse. Mentre nel Liaoning, nell'estremo nord, 14 città hanno ordinato interruzioni di corrente che sono state in parte attribuite all'aumento dei prezzi del carbone. Quest'ultimo (Eu carbon permits) oggi sale del 2,3% a 64,38 euro da 29 euro di un anno fa, è più che raddoppiato.
Il taglio ai consumi energetici dipende dall'aumento della domanda di elettricità e dei prezzi del carbone e del gas, così come dai nuovi obiettivi di Pechino per ridurre le emissioni in vista delle Olimpiadi di febbraio 2022 e della neutralità sulle emissioni di CO2 entro il 2060. Anche perché quasi la metà delle regioni della Cina ha mancato gli obiettivi fissati da Pechino sul taglio dei consumi. Fra le aree più colpite vi sono Jiangsu, Zhejiang e Guangdong, che rappresentano quasi un terzo dell'economia del Paese.
"Con l'attenzione del mercato ora focalizzata su Evergrande e i limiti senza precedenti imposti da Pechino sul settore immobiliare, un altro grande shock potrebbe essere stato sottovalutato", hanno avvertito gli analisti di Nomura, prevedendo che l'economia cinese si ridurrà in questo trimestre.
Il peggioramento della crisi energetica in Cina riflette un'offerta estremamente ridotta a livello globale. Il rimbalzo economico dopo l'uscita dai lockdown ha aumentato la domanda da parte di famiglie e imprese in un momento in cui i gruppi estrattivi avevano investito meno. "Lo shock nella seconda economia più grande del mondo oltre a essere il maggiore Paese produttore si diffonderà e avrà un impatto sui mercati globali", hanno affermato gli analisti di Nomura in una nota di ricerca inviata ai clienti.
La banca giapponese ha tagliato le previsioni di crescita del Pil del terzo e quarto trimestre su base annua al 4,7% e al 3,0%, rispettivamente, dal 5,1% e dal 4,4% precedente. Nomura ha ridotto la previsione del prodotto interno lordo della Cina nel 2021 al 7,7% dall'8,2%. Il Paese ha fissato il suo obiettivo di crescita economica per il 2021 al di sopra del 6%.
"I rischi di contagio e di ulteriore rallentamento nel settore immobiliare sono reali", hanno scritto in una nota la scorsa settimana gli strategist di Goldman Sachs. "Tuttavia, per il resto dei mercati emergenti, ciò che conta di più è l'impatto negativo sulla crescita cinese, e per estensione sui prezzi delle materie prime e se i responsabili politici intervengono per compensare tali rischi al ribasso".
Oggi gli analisti di Morgan Stanley spiegano che "i tagli alla produzione, se prolungati, potrebbero abbattere dell'1% la crescita del Pil nel quarto trimestre". L'economia cinese ha visto una rapida ripresa dalla pandemia lo scorso anno, ma dati recenti hanno indicato un rallentamento della seconda economia mondiale. Le industrie dell'acciaio, dell'alluminio e del cemento sono state colpite, con circa il 7% della capacità di produzione di alluminio sospesa così come il 29% della produzione nazionale di cemento, hanno scritto gli analisti di Morgan Stanley, aggiungendo che la carta e il vetro potrebbero essere le prossime industrie che dovranno affrontare tetti e sospensioni. (riproduzione riservata)