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Azienda Finanza

Inter, le banche cinesi al tribunale di Milano per aggredire il patrimonio di Zhang

Secondo quanto anticipato da milanofinanza.it, alcuni istituti creditori del presidente del club nerazzurro, con capofila China Construction Bank, hanno presentato istanza per annullare il verbale del cda dell’Inter. Con il quale si stabilisce che Zhang non riceve compensi per l’incarico. Udienza fissata l’8 marzo 2023


26/09/2022 12:16

di Andrea Pira e Andrea Deugeni

Zhang
Steven Zhang, presidente dell'Inter

I creditori inseguono il presidente dell’Inter e della Suning International, Steven Zhang, fino a Milano. La scorsa settimana sono scaduti i termini per presentare ricorso a Hong Kong contro la sentenza che ha dato torto al presidente nerazzurro nella causa intentata da alcune banche cinesi, intenzionate a recuperare 255 milioni di dollari (circa 250 milioni di euro) di prestiti e un’obbligazione inadempiente che ha garantito.

L’impegno è stato successivamente rinnegato dall’imprenditore di Pechino, sostenendo di non aver firmato i documenti e sostenendo di non essere a conoscenza del rifinanziamento. Il presidente del club nerazzurro però non ha presentato ricorso e si sono attivate, quindi, le azioni esecutive della sentenza dello scorso luglio. Tra queste, secondo quanto risulta a milanofinanza.it, la richiesta al tribunale di Milano, con istanza depositata il 27 luglio in sede civile e assegnata alla Sezione specializzata per le Imprese, di annullare il verbale del consiglio di amministrazione del club milanese con il quale si stabilisce che Zhang non riceve compensi per l’incarico.

La prima udienza è già stata fissata il prossimo 8 marzo 2023 davanti al giudice Alima Zama. A tenere le fila per gli istituti cinesi è la China Construction Bank, una delle quattro grandi banche pubbliche di Pechino, istituto con il quale ha chiuso l’operazione la Great Matrix Ltd, società interamente controllata dallo stesso Zhang. Nel corso del procedimento, come detto, Zhang ha rinnegato l’operazione. In sua difesa ha ribadito che le firme sui documenti di garanzia di rifinanziamento erano contraffatte e di non essere a conoscenza dell’operazione, affermazione che il giudice ha respinto. (riproduzione riservata)


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