La vita, recita un detto russo, si sviluppa là dove si sviluppa la ferrovia. Il flusso di merci tra l'Europa e la Cina segue alla perfezione questa massima. Il trasporto di container su rotaia è in crescita, complici anche le battute d'arresto del trasporto marittimo nella prima metà dell'anno, prima per la crisi di Suez e poi per il maxi ingorgo di navi in attesa di fronte al maxi terminal cinese di Yantian, con i costi quadruplicati, mentre quelli via ferroviaria sono rimasti stabili. «I risultati, in termini di volumi, mostrano perfettamente come il sistema sia costantemente cresciuto negli ultimi due o tre anni», conferma Alexey Grom, ceo di Utlc Era a colloquio con MF-Milano Finanza. La società - joint venture tra le ferrovie di Bielorussia, Kazakistan e Russia - è il più grande fornitore di servizi per il trasporto di container a scartamento largo, responsabile del 90% dei trasporti in transito tra Cina ed Europa. Appena cinque anni fa l'operatore aveva movimentato il 50% dei circa 100 mila container standard, trasportati tra il Vecchio Continente e la Repubblica popolare. Lo scorso anno è arrivata a sfiorare i 547mila Teu (+64% sul 2019). «Quest'anno stimiamo un'ulteriore crescita del 20% a circa 670mila Teu», aggiunge il top manager. Attualmente Utlc Era serve oltre 260 rotte. Soltanto nei primi sei mesi del 2021 se ne sono aggiunte 59, di queste 15 dall'Europa alla Cina e altre 44 in direzione opposta, mentre 29 stazioni di carico e scarico sono state aggiunte alle mappe e di queste dieci sono nel Vecchio Continente.
«La Cina è la forza trainante del trasporto transito, il Paese la fa da padrone in questo business», sottolinea ancora Grom. Nei primi cinque mesi dell'anno sono stati movimentati da Oriente a Occidente e viceversa oltre 288mila container standard (252mila da Utlc Era). Di questi oltre 180mila sono stati trasportati dalla Repubblica popolare all'Europa. «Lavoriamo comunque anche con altri Paesi asiatici, come Vietnam, Corea del Sud e Giappone, sebbene i volumi non siano significativi come quelli cinesi. In questa particolare catena di valore non esistono confini. Possiamo far collaborare tutti i Paesi con una ferrovia e, attraverso la connessione multimodale di Brest, in Bielorussia, anche con altri mezzi», aggiunge Grom.
Nel 2020 le principali merci trasportate da est a ovest sono i prodotti elettrici 85.135 Teu), i prodotti d'ingegneria (80.556 Teu) e le parti di automobili (57.796 Teu). Queste tre categorie di prodotti rappresentano il 40% delle merci trasportate; circa tre anni fa, invece, costituivano circa l'80%. «In Europa il nostro corridoio principale passa dal valico di Brest-Malashevichi, al confine con la Polonia. Al tempo stesso abbiamo interesse anche a crescere in diverse parti del continente. Contiamo su un servizio regolare verso la Spagna e ancora Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia. Facciamo spedizioni verso i Paesi scandinavi: stiamo aumentando ad esempio il numero dei treni verso la Finlandia e siamo in contatto con società norvegesi e svedesi per organizzare nuove connessioni multimodali. Eravamo sul punto di far partire il primo carico di pesce dalla Norvegia alla Cina, poi bloccato a causa della pandemia per le restrizioni imposte da Pechino a questo genere di beni.
Cresce inoltre l'interesse per la Gran Bretagna». In questa mappa l'Italia prova a ritagliarsi un ruolo. Abbiamo lanciato spedizioni regolari verso Milano, Genova e Verona, «ma siamo solo all'inizio», ammette Grom. Gli esportatori italiani hanno due soluzioni. La prima è sfruttare un collegamento diretto ad esempio attraverso Brest-Malashevichi. In alternativa possiamo portare le merci nel nord della Germania, imbarcarle verso Kaliningrad e poi da lì verso la Cina in sei giorni. «Sono convinto che sia soltanto questione di tempo prima di poter lanciare un servizio regolare: vedo grandi prospettive», sottolinea il top manager.
Grom guarda anche alla situazione geopolitica lungo le tratte euroasiatiche. L'area è attraversata dalla Belt & Road Initiative, il mastodontico progetto di connessione tra Est e Ovest lanciato nel 2013 dal presidente cinese Xi Jinping durante un forum ad Astana. La nuova Via della Seta si inserisce nel quadro di cooperazione euroasiatica, così come altri progetti simili proposti da Russia, Kazakistan, Bielorussia e dalla stessa Europa. «Ciò che conta sono però le aziende e le persone che ci sono dietro».
Sullo sfondo ci sono anche tensioni. Di recente, in risposta alle sanzioni imposte dalla Ue, il presidente bielorusso Alexander Lukashenko, ha minacciato il divieto di transito nel Paese per le merci europee dirette verso la Cina. «La Bielorussia è nostro azionista, nostro vicino e nostro partner strategico. Posso dire che vediamo crescere il suo ruolo nella catena di valore globale ed euroasiatica», ribadisce Grom, «Non c'è alcun valore se le merci sono prodotte in una delle due estremità della catena, ma ci sono problemi a trasportarle verso l'altra estremità o per carenze di infrastrutture. La ferrovia Euroasiatica ha dimostrato al mercato che si è forti soltanto assieme. Detto ciò, vediamo i nostri partner polacchi mantenere l'infrastruttura al confine con la Bielorussia e contribuire al suo sviluppo, perché sanno che stanno investendo sul futuro». (riproduzione riservata)