«Nei primi due anni in Italia, abbiamo aperto una sede centrale e un centro di distribuzione a Stradella (Pavia), che crea centinaia di posti di lavoro locali e serve il Sud Europa, comprese l'Italia, la Spagna e il Portogallo». Parola di Leonard Lin, president of Emea di Shein, il colosso e-commerce cinese, per il quale il Wsj stima un giro d’affari intorno ai 100 miliardi di dollari. «Siamo attualmente membri di Assolombarda e Anitec, associazioni di categoria italiane che ci supportano nella nostra integrazione e sviluppo nel contesto locale».
Lin vive tra Singapore e Parigi. Vicinissimo al flounder Chris Xu, tra i businessmen più riservati del pianeta, il manager ha avuto da poco la responsabilità del vecchio continente, che trova particolarmente rilevante. «Lavoriamo al lancio di un’iniziativa con un investimento da milioni di euro per consentire a più brand italiani di vendere sulla sua piattaforma», anticipa il manager a MFF, unica testata italiana che incontra. Silenzio sui piani di ipo, che ormai sembrano sempre più prossimi sul listino Brit.
Domanda: Siete in Italia da due anni. Che bilancio può tracciare?
Risposta: L’Italia è un mercato importante. Secondo uno studio di impatto di Oxford Economics, abbiamo contribuito con 302 milioni di euro al pil italiano solo nel 2023, supportando 1000 posti di lavoro. Le partnership con fornitori locali hanno aggiunto ulteriori 98 milioni di euro.
D. Cosa risponde a chi vi accusa di essere inquinanti con il vostro modello di business?
R. Cerchiamo di mantenere costantemente bassi i tassi di invenduto, rispetto al 40% di scarto/inveduto dei retailer tradizionali. Alcuni studi quantificano l’invenduto globale a 500 miliardi di euro. In più, stiamo lavoranbdo a un digital product passport per i nostri item.
D. Vi definiscono come l’ultra fast fashion. È d’accordo?
R. Il nostro modello di business è l’on demand. Siamo stati dei game changer. Per decenni si è prodotto per poi cercare di convincere i consumatori a desiderare quanto realizzato. Noi facciamo l’opposto: ascoltiamo i clienti e produciamo ciò che desiderano.
D. Avete eroso quote a Zara e H&M. Chi è il vostro competitor? Temu?
R. Temu è un marketplace. Noi siamo dei produttori di moda democratica on demand. La produzione on demand e la localizzazione sono elementi chiave per noi. In Europa, questo impegno si traduce nell’ottimizzazione dei nostri centri logistici e di distribuzione in Polonia e Italia, operativi dal 2022.
D. Quale ruolo gioca l’Italia nella vostra strategia?
R. L'Italia gioca un ruolo centrale per noi, rappresentando uno dei mercati più importanti in Europa e contribuendo in modo significativo alla crescita e agli sforzi di espansione del nostro business complessivo. La localizzazione è una strategia chiave, che influenza anche la produzione. Shein produce in Cina, ma sta aprendo hub vicino ai suoi mercati, come uno in Turchia per servire l’Europa, al fine di ridurre anche i costi, inclusi quelli ambientali, dei trasporti.
D. Ci sono altri progetti in Italia?
R. Ad oggi, 155 designer italiani hanno partecipato all'incubatore Shein X e le loro creazioni sono già disponibili per i consumatori in oltre 150 mercati globali. L’Italia è il paese più rappresentato in Europa.
D. Gli Usa sono il vostro primo mercato. Come state crescendo attualmente in Europa?
R. Abbiamo calcolato che dal 1° febbraio al 31 luglio 2024, Shein ha avuto in media 126 milioni di utenti attivi mensili negli stati membri dell’Unione europea.
D. Come vi adeguate alle normative comunitarie sulla sostenibilità chieste a gran voce da Cnmi?
R. Abbiamo lanciato un Fondo per la circolarità da 200 milioni di euro a favore di start up nell’Ue e nel Regno Unito e un investimento da 50 milioni di euro in iniziative Esg a sostegno di marchi, designer e artigiani del Vecchio continente. È l’impegno per i prossimi cinque anni. Ovviamente c’è molto lavoro da fare. Ma riguarda tutto il settore. (riproduzione riservata)