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A Milano i turisti cinesi spendono mediamente di più degli americani

Pur con un calo del 10% sul 2023, la spesa media di questi shopper, che sono tra l’altro sempre più giovani, è la più alta tra quelle delle cinque nazionalità top a Milano e raggiunge i 3.309 euro. Ma il tasso di recovery si è fermato al 50% sul 2019 a causa di un mix di fattori che spaziano dalla burocrazia per ottenere i visti ai costi più elevati, che stanno frenando anche il ritorno dei gruppi


14/08/2024 11:58

di Michela Frau - Class Editori

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Stefano Rizzi, Global Blue

Con 8,5 milioni di arrivi in città nel 2023, Milano cresce come centro di attrazione per il turismo internazionale. Dagli americani ai cinesi, il capoluogo lombardo si conferma al top come meta prediletta per lo shopping, elemento chiave nel portare benefici lungo l’intera filiera e nel contribuire a potenziare la competitività del sistema economico del Paese. In esclusiva per MFF, Global blue ha condotto un’inchiesta che ha tracciato il profilo del turista che tra maggio e luglio 2024 ha scelto gli store all’ombra della Madonnina per fare acquisti tax free, delineando la classifica e svelando provenienza, generazione e valore medio dello scontrino dei consumatori.

Con una spesa media che supera i 2.600 euro, gli americani costituiscono il gruppo di shopper prevalente in città, rappresentando il 21% del totale, percentuale cresciuta dell’1% rispetto allo stesso periodo del 2023. Amanti di Capri, che si conferma meta prediletta per i viaggi estivi, questi turisti prediligono storicamente città come Venezia, Roma e Firenze ma ora, complice anche un cambio nelle abitudini d’acquisto, scoprono nuove destinazioni. «Il turista americano in Italia c’è da sempre», racconta a MFF Stefano Rizzi, managing director di Global blue, «ma era sempre stato molto meno shopping addicted, mentre ora è pronto a fare acquisti, supportato anche dal cambio favorevole».

Tra questi, che per la maggior parte appartengono alla Gen Z (37%) e ai Millennials (32%), è possibile riscontrare un crescente interesse per l’artigianalità e il Made in Italy, come dimostra anche la scelta di visitare e fare acquisti in aree come l’Umbria e la Toscana. Tale tendenza, in netta contrapposizione con le preferenze dei turisti provenienti dalla Cina, è supportata anche dal cambiamento normativo approvato lo scorso febbraio che ha concesso di abbassare la soglia per accedere al tax free, passata ora da 154 ai 70 euro attuali. «La decisione favorisce il decentramento dello shopping oltre le quattro grandi città, offrendo un’importante opportunità all’artigianato locale e rendendo al contempo l’Italia più competitiva verso gli altri Paesi d’Europa», aggiunge Rizzi.

Un concetto ribadito anche dal ministro del turismo Daniela Santanchè, che ha commentato per MFF i dati elaborati da Global blue. «Milano si conferma in assoluto la regina dello shopping con una capacità di attrazione dei turisti internazionali senza rivali. In questo contesto, quindi, il nostro intervento sull’abbassamento della soglia del tax free shopping assume notevole importanza», ha dichiarato il ministro. «Questo fa sì che Milano sia anche un laboratorio di informazioni che consente di analizzare alcuni dati fondamentali nella gestione dei flussi turistici e della shopping experience nell’interesse di tutta la nazione. Ogni turista infatti ha delle specifiche peculiarità in base alla nazionale di provenienza e conoscere questi trend consente a chiunque di poter meglio intercettare le loro esigenze, migliorando la loro shopping experience e aumentando le vendite made in Italy».

Proseguendo nella classifica, al secondo posto si trovano gli shopper provenienti dai Paesi del Golfo (14%), con una spesa media rimasta invariata rispetto allo scorso anno a 3.013 euro. Fashion & clothing resta la categoria merceologica preferita (85%), mentre cala dell’8% la spesa per prodotti watches & jewellery. Nonostante il tasso di recovery per loro non sia ancora arrivato al 100%, i turisti cinesi si guadagnano invece la medaglia di bronzo con una percentuale dell’11% sul totale. E pur con un calo del 10% sul 2023, la spesa media di questi shopper, che sono tra l’altro sempre più giovani, è la più alta tra quelle delle cinque nazionalità top a Milano e raggiunge i 3.309 euro.

«Per la Cina il tasso di recovery si è fermato al 50% sul 2019 a causa di un mix di fattori che spaziano dalla burocrazia per ottenere i visti ai costi più elevati, che stanno frenando anche il ritorno dei gruppi. Quel che manca sono una serie di precondizioni per la ripresa dei viaggi a lungo raggio e non l’interesse per lo shopping», aggiunge Rizzi. Anche in questo trimestre i cinesi confermano la loro predilezione per i prodotti del lusso, a cui destinano il 93% delle loro spese, suddivise tra beni hard luxury (6%) e luxury (87%), concentrando gli acquisti su poche e selezionate maison di alta gamma. A differenza di quanto accade con gli americani, attratti anche dalle piccole realtà artigianali, il 70% degli acquisti degli shopper cinesi si concentra infatti su dieci grandi player del settore.

Infine, chiudono la top 5 i visitatori provenienti dai Paesi del Sud-est asiatico, quindi Indonesia, Malesia, Cambogia, Filippine, Thailandia, Singapore e Vietnam, e quelli dalla Greater China, comprensiva di Hong Kong, Macao e Taiwan, che rispettivamente pesano dell’8% e del 6% nello scenario dello shopping tourism a Milano. Importante sottolineare come questi ultimi si posizionino al secondo posto per spesa media, anticipati solo dalla Cina, con 3.068 euro indirizzati perlopiù ad acquisti di lusso (95%). A rappresentare la quota prevalente sono i turisti dei Paesi «others», categoria composta da una parcellizzazione di nazionalità minori che hanno effettuato complessivamente il 33% della spesa tax free. Tra queste, le principali sono state Turchia, Kazakistan e Brasile.

Uno spaccato, quello emerso dall’indagine condotta da Global blue, utile per trarre il massimo vantaggio da un fenomeno importante come lo shopping tourism. «Le analisi dei trend e dei macro dati sullo shopping consentono di far evolvere la gestione turistica, che deve essere sempre meno artigianale e sempre più data driven, come avviene negli altri grandi settori dell’economia», ha aggiunto a tal proposito il ministro Santanchè. (riproduzione riservata)


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