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La sfida delle nuove Vie della Seta si vince sui binari...

... e potenziando i collegamenti intermodali porti-ferrovia lungo il corridoio adriatico, da Bari a Trieste, che vale oltre 212 miliardi, il 14% del totale del valore aggiunto nazionale. Ma le infrastrutture sono ancora insufficienti a sostenere i flussi commerciali e il rischio è che la Cina tagli fuori l'Italia. Un convegno a Trieste


28/10/2019 13:58

di Guido Lorenzon - Class Editori

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L’efficienza di un porto si misura dalla rapidità con la quale riesce a portar fuori le merci. L’efficienza di un territorio industrializzato si misura dall’indice di intermodalità. L’efficienza del sistema Italia negli scambi con l’Eurasia dipende dal grado di interconnessione con le grandi rotte, i corridoi, in pratica con la Nuova Via della Seta. E qui l’Italia soffre. Una mappa prodotta e usata in Cina delle direttrici via terra verso l’Europa esclude infatti, del tutto, il nostro Paese.

L’Italia può essere la piattaforma del Mediterraneo per le rotte marittime, ma, se esclusa dai raccordi terrestri, rischia la sopravvivenza del proprio sistema industriale. Queste le analisi e le conclusioni emerse al Forum di Assoferr Pietrarsa, quarta edizione, ospitato il 24 ottobre al Molo IV del Porto di Trieste, organizzato insieme con Confindustria e Confetra e che aveva per tema la ‘Sfida del mercato Eurasiatico. Il Corridoio Intermodale Adriatico per il rilancio dell’industria italiana’.

L’esigenza su cui è nato il forum è di accompagnare il sistema della dorsale adriatica ad essere interlocutore diretto con il mercato eurasiatico. La sensazione è che i protagonisti della logistica, dei porti e dell’industria pensino a un cambio di passo, finalmente. E chelapolitica si stia allineando

«il ruolo internazionale dell'Italia, delle sue infrastrutture e della logistica nell'ambito dei corridoi è condizionato da un deficit di realizzazione ma anche di priorità, perché la nostra discussione si fonda sempre sulla necessità di fare tutto. La novità politica è che oggi una priorità c'è negli investimenti ed è la ferrovia come scelta strategica. Da attuare da una serie di soggetti pubblici e privati e non solo dallo Stato,» ha detto a Trieste Paola De Micheli, ministro dei Trasporti.

E il Corridoio è diventato così la priorità della fascia costiera ricca di attività industriali ed agricole quasi ininterrotta, dal Salento al Golfo di Trieste, ossia sette Regioni, 21 province e le due città metropolitane di Bari e di Venezia.

Il valore aggiunto delle attività economiche situate nella costa adriatica è stimato, su dati Istat 2016, in 212,6 miliardi di euro, pari al 14% del totale nazionale. Secondo Federico Pirro, professore dell’università di Bari, il valore aggiunto totale della città metropolitana di Venezia ammonta a 23,9 milioni di euro, di quella di Bari a 23,8 milioni, della provincia di Udine a 14,2 milioni, della provincia di Ancona a 12,5 e a 11,4 della provincia di Lecce.

Sempre sulla stessa area si trovano le strutture dell’Autorità portuale di Trieste che nel 2018 ha movimentato 62,6 milioni di tonnellate, del Sistema portuale di Venezia con 26,4 milioni di tonnellate di movimentazioni, dell’Autorità portuale di Ravenna con 26,6 milioni, dell’Autorità portuale di Ancona con11,8 milioni e dell’Autorità del sistema portuale di Bari con 15 milioni di tonnellate.

L’intera dorsale realizza il 12,6% dell’export nazionale con 58,6 miliardi di euro e il 9,9% dell’import con 42,3 miliardi di euro e rappresenta soprattutto un tessuto di piccole e medie imprese. «Serve una nuova logistica che recuperi alla ferrovia, sfruttando le innovazioni tecnologiche, il traffico diffuso a carro singolo,» ha spiegato ”, ha detto Maurizio Gentile ceo di Ferrovie. 

«Noi nella grande partita del corridoio euroasiatico semplicemente non ci siamo,» ha sintetizzato Irene Pivetti presidente di Assoferr indicando la mappa delle vie di terra della Nuova Via della Seta disegnata dalla Cina. «La ferrovia passa per Mosca, si ingolfa e rallenta nei paesi dell'Est Europa e taglia semplicemente fuori l'Italia, eppure l'Italia ha contribuito a far crescere un parco logistico in Bielorussia e in campo logistico e infrastrutturale esprime una sapienza di eccellenza,» ha insistito Pivetti, «l'industria italiana deve decidere se vuole sopravvivere giocando la partita sul corridoio euroasiatico e può farlo anche se finora è stata in panchina».

È in panchina del 1886, ossia da quando l’Inghilterra ha costruito la ferrovia diretta a sud proprio lungo la costa adriatica italiana nella prospettiva imminente dell’apertura del Canale di Suez, terminato nel 1889. «La visione imperiale ha deciso quell’opera ed ha disegnato la vocazione export del nostro Paese, la seconda industria manifatturiera dell’Europa nonostante il 30% in più nel costo dell’energia e ben 13 miliardi di sprechi nel comparto logistico. Ora occorre una visione politicaperché le infrastrutture sono frutto della politica,» ha concluso Pivetti.

Il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia ha dato voce alla sensazione di cambio di passo possibile che si percepiva nel grande salone del Molo IV. «L'Italia ha bisogno di una politica anticiclica per combattere il rallentamento dell’economia e nulla è più anticiclico che investire nelle infrastrutture. Serve un progetto organico che indichi le priorità, impegni i 70 miliardi di euro già stanziati per aprire effettivamente i cantieri con un’attenzione nuova al fattore tempo,» ha detto Boccia, «le infrastrutture sono indicative di una società aperta che collega territori e include persone. L’Italia dovrebbe farsi protagonista di una stagione riformista, anche in Europa, che metta al centro l’investimento pubblico e privato con un’attenzione particolare alla creazione di posti di lavoro».

Il Forum ha qui indicato la chiave di volta: la necessità di coordinamento tra investimenti pubblici e investimenti privati, confermando l’intervento del ministro De Micheli.

Strategia condivisa anche da Ugo Patroni Griffi presidente dell’Autorità del sistema portuale del Mare Adriatico meridionale e Da Zeno D’Agostino presidente dell’Autorità portuale del Mare Adriatico orientale, il quale ha ricordato che «la sostenibilità e la salvaguardia dell'ambiente saranno un importante biglietto da visita per i porti del futuro e la ferrovia uno dei cardini portanti per raggiungere questo traguardo».

Ma il trasporto su treno ha un problema, più marcato per le Pmi: a monte è necessaria l’aggregazione delle merci, perché, ha detto Guido Ottolenghi, «l’80% sono merci alla rinfusa» e dare un servizio di trasporto efficace alle Pmi diffuse sulla costa adriatica significa prima di tutto metter mano alla logistica. E ciò è possibile sviluppando razionalmente la crescita della catena logistica che non è crescita di tutti i porti, ma piuttosto del sistema che deve svilupparsi intorno a grandi porti.

Il treno rappresenta il protagonista degli scambi via terra con il mercato eurasiatico, a condizione che ci siano le infrastrutture, le interconnessioni e una visione di treni che arrivano e di treni che vanno.

 


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